Un Paese in preda al delirio collettivo

lunedì 31 agosto 2020


In merito a ciò che io considero da tempo una sorta di delirio collettivo senza precedenti, mi trovo piuttosto in sintonia con lo scrittore e giornalista francese Bernard-Henri Lévy, il quale in un suo recente pamphlet, “Il virus che rende folli”, ha espresso un giudizio impietoso nei riguardi di chi ha vissuto e continua a vivere l’epidemia del coronavirus come una vera e propria guerra mondiale. Scrive infatti il nostro: “Anche io sono rimasto raggelato. Ma ciò che mi ha raggelato di più non è stata la pandemia, ma l’epidemia di paura che ha attanagliato il mondo”.

Ebbene, come mi trovo a sostenere da tempo, si ha l’impressione che l’Italia in questo clima di ritorno globale al Medioevo si trovi ancora in posizioni di avanguardia, soprattutto nei confronti di altri Stati europei in cui la ragionevolezza e il buon senso mostrano di avere ancora un certo spazio.

Basta osservare ciò che da mesi sta accadendo nel mondo della scuola, in cui la confusione regna sovrana, per rendersi conto del disastro sistemico verso il quale un virus opportunista, clinicamente inesistente oramai da mesi, ci sta inesorabilmente trascinando. Proprio in questo settore, così importante per il futuro di qualunque nazione, si stanno concentrando le peggiori idiozie che hanno accompagnato in Italia la lotta al Covid-19. Idiozie deleterie, tanto per la salute che per la socialità dei nostri figli, che un novello Comitato di salute pubblica sta imponendo da tempo, in barba a qualunque garanzia costituzionale. Pur avendo realizzato la più lunga chiusura scolastica dell’Occidente, Governo e Comitato tecnico-scientifico hanno inscenato per mesi un grottesco teatrino sui banchi monouso, spendendo con la massima disinvoltura ben 3 miliardi di quattrini del contribuente per una misura a mio avviso insensata, dal momento che l’evoluzione in atto da mesi del virus ci dice che la stragrande maggioranza di chi lo contrae è asintomatico o paucisintomatico. Non solo, e questo ragionamento vale anche per la follia di far indossare le mascherine in classe, una volta usciti di scuola i ragazzi, così come avviene da tempo per il resto della popolazione, riprenderanno ad assembrarsi, sia al chiuso che all’aperto, bypassando di fatto le scemenze illiberali con cui chi comanda vorrebbe contrastare una malattia che oramai riguarda pochissimi soggetti.

Inoltre, in merito alle medesime mascherine, dal momento che studenti e insegnanti respirano la stessa aria per almeno 5 ore al giorno, pensare di bloccare il virus con un panno davanti alla bocca e al naso equivale al tentativo di tenere le zanzare fuori di casa attraverso una grata. Non bisogna essere scienziati con l’H elevato per comprendere che la mascherina chirurgica serve unicamente a proteggere gli altri dai nostri eventuali schizzi di saliva, il famigerato droplet, ma che non realizza minimamente quell’isolamento biologico verso l’esterno che la martellante propaganda di regime ha dato ad intendere agli sprovveduti e ai paranoici.

Il risultato di questo guazzabuglio di misure di “sicurezza”, le quali comprendono una inverosimile metodologia per gestire i trasporti degli studenti e gli afflussi nei vari istituti scolastici, non potrà che essere estremamente negativo, minando ulteriormente una didattica che ci vede da tempo agli ultimi posti in Occidente e creando non pochi problemi per la salute fisica e mentale dei nostri ragazzi.

Ora, dal momento che il coronavirus fin dall’inizio è stato oggetto di una inqualificabile speculazione politica e professionale, con la quale si continua a spargere terrore allo scopo primario di giustificare l’ingiustificabile, non c’è da aspettarsi che gli artefici principali di questa colossale manipolazione di massa proprio sul tema sensibile della scuola sconfessino quanto fatto e detto finora, adottando una linea ragionevole. Linea che, in estrema sintesi, consenta ai giovani di comportarsi nelle ore scolastiche come nella vita di tutti i giorni, concentrando le principali risorse nella tutela delle fasce più esposte della società: anziani e immunodepressi.

In effetti pretenderemmo troppo da chi, secondo alcune inquietanti indagini giornalistiche, ha avallato la prassi di contare tra i morti per Covid-19 anche chi non risultava più positivo da mesi o che addirittura era deceduto per tutt’altre cause.


di Claudio Romiti