Palamara da difendere

A questo punto, come avevo già scritto in passato, occorre difendere Luca Palamara. Infatti, è notizia di questi giorni che i messaggi contenuti nel suo cellulare e di cui si sta occupando la Procura di Perugia, anche per i possibili risvolti di carattere disciplinare, sarebbero alcune decine di migliaia.

Per questa ragione, pare che la Procura Generale presso la Cassazione abbia addirittura organizzato un gruppo di inquirenti incaricato di leggere e selezionare questa miriade di messaggi per valutarli dal punto di vista delle implicazioni proprio disciplinari.

Tuttavia alcune osservazioni vanno avanzate.

In primo luogo, che passino sui giornali messaggi attinenti alla vita privata di Palamara e che nulla hanno a che vedere con le inchieste in corso (con Venditti, con Spalletti, ecc.) rappresenta l’ennesima prova del malcostume italiano.

Questo malcostume si atteggia come una spasmodica sete di leggere informazioni piccanti – di qualsivoglia natura – a carico di un personaggio ex-potente ormai caduto in disgrazia e perciò fragilissimo ed esposto ogni giorno nel terribile tritacarne mediatico, traendone una sorta di piacere psicologico, in realtà tanto ributtante quanto deplorevole: il piacere che nasce da ciò che Lucrezio, nel suo celebre “De rerum natura”, stigmatizzava attraverso la metafora del “naufragio con spettatore”.

Come dire che mentre noi stiamo comodamente seduti in poltrona, un nostro simile cola a picco – in senso reale più che metaforico – e ne sentiamo un perverso piacere, dovuto al fatto che mentre lui si trova in pericolo, noi invece siamo al sicuro.

Insomma, un senso penoso del vivere insieme e dello stare al mondo. Per questo, vorrei pregare chi di dovere di astenersi dal passare alla stampa messaggi privati di Palamara, non collegati o collegabili con le inchieste formali in corso. Lo dico qui, ma so che è inutile: l’insaziabile, vorace volgarità della perversione umana non si fermerà per questo.

In secondo luogo, ripeto che Palamara è soltanto uno dei tanti magistrati italiani che, occupando una posizione di vertice, quale presidente della Associazione nazionale magistrati e componente del Csm, scambiava messaggi e telefonate per accordarsi con altri colleghi, esponenti correntizi, per spartirsi posti e poltrone.

Fra l’altro è soltanto cinquantenne, poco più di un ragazzo, per quanto già abbia occupato posti di vertice. Viene allora da chiedersi cosa si troverebbe, se si andasse a sbirciare sui cellulari di tanti suoi colleghi, magari più avanti negli anni e che forse oggi siedono sulle poltrone più alte del potere giudiziario. Probabilmente, molto di più e di più compromettente.

Infine, ribadisco che Palamara non può essere accusato da nessuno dei suoi colleghi perché appare molto difficile trovarne uno che non si sia avvalso, per ottenere un trasferimento o una poltrona, dello stesso metodo a lui oggi rimproverato.

Chi sarà a tal segno “senza peccato” da poter scagliare, contro di lui, la prima pietra? Pochi, pochissimi, forse addirittura nessuno.

Va ancora precisato come davvero divertente appaia quanto affermato da Luca Poniz, presidente dimissionario della Anm, il quale denuncia un disegno rivolto a mettere in pericolo l’indipendenza della magistratura e a colpirne l’associazionismo.

Infatti, non si capisce affatto chi possa essere codesto “disegnatore”, capace di delineare i contorni di questa studiata strategia rivolta a colpire i magistrati che vogliano associarsi: la massoneria? La mafia? La P2? La P3? Berlusconi?

Poniz non lo dice, probabilmente perché non lo sa. Siamo allora in presenza di un “disegno” senza “disegnatore”, il che davvero non è male. A meno che non si ammetta invece – come si deve – che a disegnare questo scenario, per Poniz così nefando, sia la stessa magistratura, almeno in quelle componenti che con i loro comportamenti mettono in chiara luce la pericolosità delle correnti che operano dentro il corpo vivo della magistratura. Basta questo, infatti, a far capire a tutti come il solo e unico rimedio per eliminare i misfatti di cui oggi le cronache sono piene non possa che essere lo scioglimento delle correnti: completo, definitivo, irrevocabile.

Le correnti sono, infatti, il cancro della magistratura italiana.

Aggiornato il 29 maggio 2020 alle ore 10:49