Conte, la paura fa dire sì (per ora)

Gli italiani in clausura non volontaria pensano di certo alla fase due e, soprattutto, al dopo virus, ma è un fatto che l’emergenza ne ha modificato gli atteggiamenti e comportamenti.

Il governo, intanto, sforna decreti uno dopo l’altro, spesso dopo interminabili riunioni, anche rissose interne alla maggioranza, con un seguito di implacabili conferenze stampa di Giuseppe Conte che, ne siamo sicuri, sta già meditando sul decreto prossimo venturo. Che, infallibilmente, arriva.

La pretesa di Conte, coi ministri grillini schieratissimi a tale proposito, è che le opposizioni, le cui richieste non sono state prese in considerazione, dovrebbero approvare tutto, preferibilmente a scatola chiusa, senza discutere o, caso mai, riducendo gli emendamenti.

Il Premier Conte non riflette abbastanza sul grande senso di responsabilità di una opposizione che sarebbe certamente giustificata nel ricorrere all’ostruzionismo contro il carattere eccezionale delle procedure adottate. Molto probabilmente c’è un motivo alla base di questi comportamenti, ovverosia la certezza che l’accettazione di restrizioni e clausure erga omnes sia dovuta ad una consenso al governo, senza rendersi conto che la disponibilità della gente non nasce dalla fiducia in Conte, sia pure premiato nei sondaggi dalla maggioranza degli italiani, ma dalla paura del virus. Si tratta di un’illusione ottica che confonde la disciplina civica con il consenso politico, cosicché la indubbia popolarità del Premier non deriva dall’apprezzamento politico per la sua persona ma dalla comprensione della esigenza di accettarne questo primato per la sua funzione istituzionale in una fase di estrema difficoltà e di crisi.

Man mano che decrescono, sia pure lentamente, emergenze e diffusioni del virus, quei motivi che impongono compressioni e restrizioni alla democrazia si attenuano favorendo il riemergere di uno spazio per la dialettica democratica. Non solo, ma ora che si devono assumere decisioni meno restrittive, anche e soprattutto per fare ripartire l’economia in un quadro che garantisca i livelli di protezione sanitaria, la stessa fase di “dettatura” allo stesso Conte da parte di esperti e tecnici non può non diminuire a fronte di scelte politiche in grado di affrontare e risolvere, in tempi possibilmente rapidi, la gravità dei problemi. Un compito, questo, che tocca dunque alla politica, restituita al suo spazio vitale, sia per il nostro sistema democratico sia per l’imporsi di un nuovo scenario, con visioni e programmi di coraggio e di ampio respiro, per la risposta ai quali è addirittura impensabile la continuità di un governo e di una maggioranza, assolutamente non adeguati ai nuovi compiti, insufficienti, divisi e, persino in queste ore, lottizzatori.

Aggiornato il 09 aprile 2020 alle ore 12:36