Ha ragione Boldrin ma la politica guarda altrove

L’amico Michele Boldrin, immensamente più autorevole del sottoscritto, ha avanzato in questi giorni una proposta assolutamente ragionevole che, in qualche modo, riassume chiaramente l’idea del tirare tutti la cinghia che mi ero già permesso di suggerire su queste pagine alcune settimane addietro.

Scrive infatti il prestigioso economista nell’ultima parte di un suo commento pubblicato su Facebook: “Oggi, per contenere il contagio, stiamo richiedendo/imponendo un atto di solidarietà a tutti quei lavoratori del settore privato (dal dipendente all’imprenditore passando per la Partita Iva) il cui reddito è legato al fatto di ‘tenere aperto’ e ‘lavorare’ quotidianamente. Pensate solo al settore turistico, ma non fermatevi lì. Dal barbiere al meccanico passando per le persone che fanno i lavori domestici abbiamo chiesto a molti milioni di italiani di mettersi, per mesi, a reddito zero. Per altri svariati milioni sarà, forse, reddito 20 o 40 per cento. E lo stanno facendo. D’altro canto per altri milioni di cittadini (circa 20 milioni, a occhio e croce) i provvedimenti adottati non implicano alcun costo economico. Anzi, vista l’eliminazione dei costi dovuti all’attività lavorativa, essi implicano un risparmio a parità di stipendio netto mensile. Questo gruppo è composto da dipendenti pubblici di ogni ordine e grado (che tele-lavorino o meno, la differenza è minima) e dai 16 milioni di pensionati. Che la si guardi dal punto di vista assicurativo, o dal punto di vista della solidarietà sociale o da quello freddamente economico di far corrispondere il salario ad una qualche misura del prodotto c’è un’unica conclusione. Per alcuni mesi – ovvero sino a quando il Paese non sia tornato ad una decente normalità e non si ricominci a lavorare – pensioni e stipendi pubblici andrebbero ridotti di un 20 per cento circa che dovrebbe essere utilizzato per finanziare dei sussidi di disoccupazione o, meglio, inattività, per gli altri milioni di lavoratori privati a cui la solidarietà sanitaria richiede di non lavorare. Un provvedimento semplice e giusto alla luce dell’eccezionalità della situazione. Risparmiare risorse finanziarie (laddove è possibile farlo ad un costo sociale basso) per sostenere redditi e consumi delle categorie maggiormente colpite dai provvedimenti di chiusura. Semplice, giusta, economicamente utile. Si farà?”.

Ora, scusandomi per la lunga ma a mio avviso doverosa citazione, il ragionamento di Boldrin non fa una grinza e appare, in un momento di caduta verticale del Pil italiano, come l’unica via praticabile per tentare di tenere in relativo equilibrio sia i conti pubblici e sia il rapporto tra lo Stato e la struttura economica privata, evitando di dissanguarci in futuro con i costi proibitivi di un eccesso di indebitamento aggiuntivo.

Ma, purtroppo per noi tutti, io credo che questa ragionevole proposta, i cui termini sono necessariamente solo abbozzati, non verrà presa minimamente in considerazione dalla politica italiana nel suo insieme, almeno per il momento. Fino a quando ci si cullerà nell’illusione di un trasferimento colossale e a fondo perduto di risorse dall’Europa al nostro Paese, nessuno potrà mai aderire, terrorizzato dall’eventualità di una grave emorragia di consensi, alla linea Boldrin. Tuttavia, una volta svanito questo sogno impossibile, se ne potrà riparlare. Personalmente resto sempre scettico circa le capacità del nostro sistema di correggere una deriva oramai storica, ma questa volta ho l’impressione che qualcosa di molto radicale andrà fatto onde evitare un catastrofico affondamento.

Aggiornato il 07 aprile 2020 alle ore 11:17