Mal comune, total gaudio

Nel tempo del coronavirus non ci dovrebbe essere spazio alcuno per il vecchio adagio del “mal comune, mezzo gaudio”.

Invece, capita che quando compare la notizia del ricovero in ospedale del premier inglese Boris Johnson o del picco degli infetti e dei morti a New York il gaudio di chi scrive sulla stampa queste informazioni e di chi le annuncia in televisione o in radio non solo non appaia dimezzato, ma risulti essere addirittura totale. Come a voler trasmettere ai lettori o agli ascoltatori che Johnson stia oggi pagando il peccato di aver fortemente voluto la Brexit e non aver adottato in tempo il cosiddetto “modello italiano” per il contenimento della pandemia. E che New York e gli Stati Uniti stiano subendo la collera divina per la Presidenza di Donald Trump e, soprattutto, per la possibilità che lo stesso Trump possa essere confermato alla Casa Bianca nelle elezioni del prossimo autunno.

Si dirà che dietro questo atteggiamento ci sia il pregiudizio politico ed ideologico. Ma come la mettiamo se quelli che mettono in mostra questo pregiudizio sono gli stessi che dalla loro cattedre mediatiche tengono giornalmente lezioni di solidarietà e di carità cristiana?

Si tratta di semplici ipocriti? O di qualcosa di più grave? Come, ad esempio, quella che la loro carità cristiana non sia più la carità che un tempo si predicava nelle chiese ma quella che, secondo la tesi esposta da Fiorello nel corso di una riuscita imitazione di Lutero, ognuno può elaborare nel proprio salotto o nel chiuso del proprio bagno?

E nei bagni, si sa, si può essere vicini a Dio ma, più normalmente, si è vicini ad altro!

Aggiornato il 06 aprile 2020 alle ore 10:50