Il vero virus è la paura del voto

Il nuovo mainstream è che ci sia stata sopravvalutazione del rischio coronavirus.

Bene (anzi male, a vedere anche solo i risvolti economici del cordone sanitario che il mondo intero ci sta stringendo attorno), il tempo dirà – come sempre accade – chi ha ragione.

I virologi sono diventati star televisive e continuano ad accapigliarsi tra loro (e occorre aggiungere che il ministro Roberto Speranza li ha lasciati, e li lascia, colpevolmente fare, dal momento che sta lì pure per evitare che chi parla pure a nome di strutture della sanità pubblica contribuisca ad una comprensibile isteria collettiva). Tuttavia, ammesso che eccesso di allarmismo vi sia stato, di chi è la responsabilità?

Il premier Giuseppe Conte, solo domenica scorsa, è apparso sedici (16!) volte in tv. Il Consiglio dei Ministri si è tenuto – plastica rappresentazione di emergenza – non nella sede istituzionale, ma presso la Protezione civile.

Ora, chi scrive è pervaso da un salvifico (quantomeno per la propria salute mentale) fatalismo, ma assai meno predisposto a farsi prendere in giro. Se sopravvalutazione c’è stata, la prima responsabilità è della componente grillina del governo, nel quale un Rocco Casalino qualsiasi si atteggia a Rasputin, che ha cavalcato il coronavirus per distrarre dalle beghe interne (a cominciare da un consenso da mesi in caduta libera) ed esterne (quale il Renzi scalpitante degli ultimi giorni).

Il Partito Democratico, come al solito, ha lasciato fare, unicamente preoccupato di farsi portavoce di quel deep state che è disposto a tutto, perfino a far gestire l’emergenza sanitaria che sta paralizzando il Paese a degli apprendisti stregoni, pur di non andare ad elezioni.

In conclusione, se di arma di distrazione di massa si tratta, è ben evidente sia il fine (distrarre l’attenzione dalle condizioni comatose della maggioranza giallorossa) sia la mano.

Insomma, a rischio contagio sì, ma – come si direbbe in riva all’Arno – bischeri no.

Aggiornato il 27 febbraio 2020 alle ore 10:50