Circonlocuzioni e chiacchiere

Con il termine di circonlocuzione s’intende un lungo giro di parole, onde evitare una espressione più diretta del proprio pensiero, che spesso nasconde intenzioni ben poco lodevoli, se non una vera e propria mistificazione o impostura.

Sarà casuale, ma quando mi imbatto in una dichiarazione pubblica del premier Giuseppe Conte, mi viene in mente il succitato vocabolo. Così come è accaduto nel corso dell’ennesima conferenza stampa sul tema del coronavirus, il quale ha ampiamente superato i limiti dell’ossessione collettiva, tenuta dal capo del Governo nella sede della Protezione civile martedì scorso.

Molti paroloni e frasi altisonanti, ma a stringere ben poca concretezza su cui applicare le nostre valutazioni di semplici osservatori; questo in sintesi il succo del discorso. Un discorso che, almeno in alcuni passaggi, è sembrato in evidente antitesi rispetto a quelle cosiddette declamazioni tranquillizzanti che avevano caratterizzato il messaggio contiano prima che lo stesso coronavirus facesse il suo minaccioso ingresso in Italia.

Dichiara infatti Conte, esprimendo una evidente critica nei riguardi dell’approccio iniziale con cui è stata affrontata l’emergenza: “La prova tampone va fatta solo in alcuni circostanziati casi, la prova tampone non va fatta diffusamente, non è che qualcuno oggi avverte un’influenza, una febbre anche alta e fa la prova tampone. Assolutamente non sono queste le raccomandazioni della comunità scientifica, dei nostri scienziati, dei nostri virologi. Il fatto probabilmente in questi giorni di avere esagerato con la prova tampone è un fatto che non risponde - ha aggiunto - alle prescrizioni della comunità scientifica: altrimenti finiremo col drammatizzare quella che è una emergenza sanitaria ma va affrontata con criteri di razionalità, seguendo dei protocolli molto lineari, di qui l’ordinanza di quest’oggi che riguarderà la restante parte del territorio, o, diversamente avremo l’effetto di diffondere false sicurezze che sono illusorie, generano soprattutto confusione”.

Peccato però che le stesse false sicurezze erano state sparse a piene mani da Conte medesimo quando sbandierava ai quattro venti le “eccezionali misure” per impedire al virus di sbarcare in Italia, compreso l’insensato blocco dei voli diretti dalla Cina che la medesima comunità scientifica, alla quale oggi si appella il premier, aveva fortemente sconsigliato. Misure le quali ci segnalavano, bontà sua, come uno dei più virtuosi Paesi del mondo.

Oggi invece il “contrordine, compagni”: attenzione a non spargere false sicurezze, visto che il coronavirus è vivo e vegeto e lotta insieme a noi!

Ma è sul piano economico, ossia sulla nota più dolente che sta accompagnando la disgraziata sinfonia del virus proveniente dalla Cina che il Presidente del Consiglio si candida al titolo di campione delle circonlocuzioni del nulla. A precisa domanda sui provvedimenti che il suo Esecutivo sta pensando di adottare, Conte chiede di compiere agli italiani l’ennesimo atto di fede, e annuncia: “Ci predisporremo anche per reagire all’emergenza economica. Facendo sistema offriremo una risposta anche sul piano economico credibile. Non dobbiamo drammatizzare – ha aggiunto – le misure sono adeguate”.

Parola di giovane marmotta, mi verrebbe da chiosare. Fatto sta che se fino a qualche settimana fa potevamo rivenderci la ben nota frase di Ennio Flaiano, secondo cui la situazione politica è grave ma non è seria; oggi, sotto la minaccia incombente di un cigno nero di natura virale, con simili personaggi alla guida del sistema tutto sembra aver assunto i toni di una farsa terribilmente tragica. Nell’interesse di tutti, spero vivamente di dovermi smentire.

Aggiornato il 26 febbraio 2020 alle ore 10:39