I quattrini immaginari del piano shock

Le continue fibrillazioni che Matteo Renzi sta producendo nell’ambito della maggioranza di Governo, al di là dei falsi moralismi di chi divide la politica tra buoni e cattivi, sono assolutamente comprensibili, rispondendo a fattori di evidente necessità.

Un partito come Italia Viva, che secondo i sondaggi galleggia a malapena sulla soglia della sopravvivenza, non può infatti avere altra scelta che quella di rendersi il più possibile visibile. Visibile soprattutto presso quella ampia platea di cittadini moderati, molti dei quali appartenenti al vasto mondo dei delusi da Forza Italia, non si sentono affatto rappresentati dal sovranismo di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. In questo senso, era inevitabile che, proprio per marcare meglio il suo territorio di riferimento, il leader fiorentino dovesse differenziarsi in modo sempre più deciso dagli scappati di casa del Movimento 5 Stelle. Se egli avesse, al contrario, seguito l’esempio dei suoi ex compagni del Partito Democratico, i quali si sono fatti letteralmente grillinizzare accettando passivamente le peggiori schifezze, con in testa l’impresentabile riforma della prescrizione, l’intero progetto politico di Iv sarebbe andato letteralmente a farsi friggere. Progetto che, occorre ulteriormente aggiungere, per avere una minima speranza di riuscita doveva per forza puntare al prolungamento di una legislatura praticamente già defunta con l’uscita della Lega dal primo Esecutivo Conte. Da qui la tatticissima sponsorizzazione renziana del Conte bis, con l’unico scopo di guadagnare il tempo necessario per acquisire il maggior consenso possibile, seguendo un vecchio motto latino: primum vivere, deinde philosophari.

Ed è esattamente a questa esigenza tattica di sopravvivenza e consolidamento politico che rientrano le ultime, per così dire, sparate di Renzi, compreso il cosiddetto piano shock per il rilancio dell’economia italiana. Ma qui ancora una volta emerge quel tratto populista, inteso dal lato delle soluzioni facili per problemi estremamente complessi, che ha spesso accompagnato la vicenda politica di Renzi. Basta andare sul sito di Italia Viva per averne piena conferma. Così come annunciato alla stampa nazionale, in bella vista viene evidenziata con colori sgargianti una somma colossale da investire in infrastrutture, in istruzione, in economia green, in sanità e quant’altro. Centoventi miliardi di euro il costo della mastodontica operazione. “I soldi ci sono. Vanno solo sbloccati”, recita lo slogan finale.

Ci sono, ma anche no, caro Renzi. Così come è stato più volte spiegato con dovizia di particolari da personaggi ben più autorevoli di chi scrive, tra cui la sempre attenta e puntuale Veronica De Romanis, in questo caso siamo di fronte ad uno de più abusati illusionismi contabili della nostra politica, con cui carpire la buona fede di una popolazione da sempre poco avvezza a comprendere gli elementi più elementari del bilancio pubblico. Nella fattispecie trattasi della differenza abissale che passa tra i termini di cassa e di competenza. Differenza su cui Renzi, al pari di tanti altri suoi colleghi di tutte le provenienze politiche, gioca con eccessiva disinvoltura.

Per chiarire con poche pillole la faccenda, sperando di portare un minimo contributo alla causa della realtà intangibile dei numeri, occorre partire dall’assunto che i citati quattrini esistono solo sul piano virtuale, in quanto essi rappresentano una lunga sommatoria di stanziamenti accumulati nel tempo dagli ultimi Governi che si sono succeduti alla guida del Paese. Quello che manca, tanto per cambiare, sono le cosiddette coperture, cioè i cosiddetti sghei provenienti dal citato bilancio di cassa. Tutto ciò, in un sistema pubblico oberato dai debiti e affetto da una inguaribile propensione a gettare enormi risorse nello sciacquone della spesa corrente, costituisce il risultato inevitabile di una democrazia dominata sempre più da pifferai magici e cantastorie.

Questi ultimi agevolati, spesso per pura ignavia, da buona parte dell’informazione, la quale continua a prendere per oro colato gli annunci di grandi stanziamenti di competenza promessi del genio di turno, prendendosela poi con la solita cattiva burocrazia, classico capro espiatorio buono per ogni stagione, nel momento in cui di tali stanziamenti non si vede neppure l’ombra.

In questo senso, politici e operatori dell’informazione che avvalorano la falsa idea di enormi risorse bloccate nei vari cassetti della pubblica amministrazione non rendono un buon servizio al Paese. Sarebbe invece necessario rendere edotta la maggioranza dei cittadini-elettori circa la condizione reale dei conti dello Stato, offrendo loro strumenti più adeguati sul piano delle scelte elettorali. Ma forse anche la mia è solo una pia illusione.

Aggiornato il 21 febbraio 2020 alle ore 11:31