Renzi, Bonafede e la corsa del pollo

Continua il duello tra Matteo Renzi e i Cinque Stelle sulla cancellazione della riforma grillina della prescrizione. Se fosse un film sarebbe: “Gioventù bruciata”, il capolavoro hollywoodiano degli anni Cinquanta diretto da Nicholas Ray e interpretato da James Dean. Precisamente, sarebbe la scena cult del “Chicken run”, la corsa di due automobili lanciate verso il vuoto. Vince quello dei due conducenti che si scaraventa per ultimo dall’abitacolo prima del precipizio; quello invece che abbandona per primo è il “pollo” del gioco. Nel film a uno dei due, Buzz Gunderson interpretato da Corey Allen, resta la manica della giacca impigliata nella maniglia della portiera. Un imprevisto che gli costa la vita. Ora, non è che Matteo Renzi sia James Dean redivivo, anche se al culmine del suo delirio di onnipotenza girava per gli studi televisivi con un giubbotto di pelle in stile “Fonzie” di “Happy days”. Più a suo agio, invece, potrebbe trovarsi il ministro grillino della Giustizia Alfonso Bonafede nei panni di Buzz Gunderson, il capo della banda degli sfaccendati di “Gioventù bruciata”. Comunque, la polemica tra i due sulla prescrizione, che ogni giorno si alza di un grado sulla scala Fahrenheit, è un po’ la “corsa del pollo” del film. Se in “Gioventù bruciata” la deadline è l’orlo del precipizio, nella cronaca politica nostrana è la rottura della maggioranza parlamentare che sostiene il “Conte-bis”. In teoria, nessuno dei due contendenti dovrebbe desiderare di arrivare fino in fondo alla sfida col rischio di precipitare nel vuoto. Tuttavia, nella realtà, come nella finzione cinematografica, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. E un duello “macho” tra due poco di buono finisce in tragedia. Per chi ci lascia le penne e per chi sopravvive. Restando sul filo narrativo del film, la precarietà della condizione umana di giovani che hanno smarrito la bussola valoriale non è compensata dal nichilismo autodistruttivo al quale si abbandonano inseguendo un falso senso di liberazione dagli stereotipi sociali. Al contrario, li porta a “bruciare” l’esistenza in un inferno terreno fatto d’inutilità e di frustrazione. Posto che la vita non è un film, non vi sembra però che la querelle che tiene impegnata l’attenzione dei media in questi giorni somigli parecchio al film? Renzi e Bonafede e, dietro di loro, le rispettive tifoserie si sono dati alla prova di forza sulla prescrizione. L’ex rottamatore si sente sicuro di piegare i grillini, al punto da confidare ieri a Maria Teresa Mieli del “Corriere della Sera”: “...Sia chiaro, io non ho nessuna intenzione di mettere in crisi il governo, però Bonafede deve mollare. Non sarà oggi, non sarà domani, ma lui questa battaglia la perderà. Al Senato non ha la maggioranza. Io su questo sono tranquillo, anche se mi dipingono come uno che urla e minaccia...” Alfonso Bonafede replica allo sfidante dandogli della marionetta che si farebbe scrivere i testi sulla giustizia da Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Per entrambi la questione è divenuta identitaria. Chi molla per primo non perde solo la faccia ma anche la propria ragione d’essere. Renzi e i suoi si sono intestati la battaglia garantista, anche se nel vissuto quotidiano il garantismo lo praticano a singhiozzo; i grillini sono cresciuti nel mito giustizialista della galera per tutti i colpevoli di reati e anche per coloro che di quei reati sono soltanto indiziati. Come giungere a una sintesi? Abissali le differenze perché si possa immaginare una rattoppatura che plachi i bollenti spiriti dei duellanti. È come nel film, qualcuno dovrà saltare giù per primo dall’auto in corsa dando la vittoria all’altro. Se la riforma della prescrizione entrata in vigore dal 1 gennaio di quest’anno verrà sospesa in previsione di essere ridefinita nell’ambito di una più compiuta revisione del processo penale, come propone la parlamentare di Italia Viva Lucia Annibali, avrà vinto Renzi e Bonafede e i grillini avranno perso la faccia dovendo ammettere che pur di restare avvinghiati alle poltrone sono costretti dagli alleati a rimangiarsi tutte le grandiose idee del loro repertorio, come è già accaduto per la Tav Torino-Lione, per il gasdotto trans-Adriatico a Melendugno (Tap), per l’ex-Ilva di Taranto e per molte altre questioni. Se, viceversa, i Cinque Stelle tengono il punto e Italia Viva per non assumersi la responsabilità di far cadere il Governo si allinea alla riforma Bonafede, sia pure nella versione modificata con qualche ritocco di facciata, il gioco corsaro dell’ex rottamatore verrà clamorosamente sbugiardato e al suo artefice non resterà che andarsi a cercare un posto sconosciuto dove nascondere la faccia perché da quel momento in avanti nessuno lo prenderà più sul serio. Al momento, niente è deciso se non il giorno-limite del precipizio oltre il quale si spalanca il vuoto. La data è quella del 24 febbraio quando è previsto il ritorno in Aula a Montecitorio della proposta di Legge del deputato di Forza Italia Enrico Costa, che prevede la cancellazione della riforma Bonafede sulla prescrizione. Renzi da tempo ha minacciato gli alleati che, in caso di mancato accordo in seno alla maggioranza, i suoi avrebbero votato la proposta del forzista Costa, insieme all’opposizione. E i “dem”? Si accodano ai Cinque Stelle, cercando nel frattempo di tirare il premier Giuseppe Conte per la giacchetta nella speranza che estragga dal cilindro del prestigiatore un compromesso conveniente per entrambi i contendenti. In fondo, lui è il principale interessato a che non si arrivi sul ciglio del burrone visto che a saltare per prima sarebbe proprio la poltrona di presidente del Consiglio. Le componenti della destra plurale, per ora, si godono la scena. Se uno dei due o magari entrambi i duellanti si facessero del male perché dispiacersi? Se questa particolare “gioventù bruciata” che sta deprimendo il nostro vissuto quotidiano si precipitasse nel vuoto farebbe un favore agli italiani. Cinici, odiatori? No, pragmatici. Giacché siamo immuni dal morbo del buonismo ipocrita, siamo liberi di non desiderare lunga vita per questo Governo demo-penta-renziano, politicamente pericoloso, istituzionalmente raccogliticcio e moralmente abusivo. A differenza degli estimatori del messaggio culturale contenuto in “Gioventù bruciata” non siamo tenuti a subire la drammatizzazione di pretestuose contrapposizioni ideali come se fosse “il grido di una gioventù che ha bisogno di qualcuno che sappia volergli bene”. Sarà un nostro limite ma a Renzi e a Bonafede, come alle loro rispettive compagnie di giro, proprio non riusciamo a voler bene.

Aggiornato il 07 febbraio 2020 alle ore 10:34