Terrorismo jihadista in Europa: è il momento delle leggi speciali?

Nuova ondata di terrorismo jihadista in Europa. Nel mirino, immancabilmente, Gran Bretagna e Francia. La tecnica impiegata, in tutti e due i casi, è quella dell’accoltellamento che, sulla scia degli attentati alla prefettura di Parigi e del Black Friday a Londra e Amsterdam, si conferma quella attualmente più in voga, in virtù della sua semplicità in fase sia di pianificazione che di attuazione. Il coltello non è letale quanto un’arma da fuoco o un ordigno esplosivo, ma è di facile reperimento ed è sufficiente a spargere panico tra la popolazione, come sta accadendo tra i londinesi e gli inglesi in generale.

Il premier Boris Johnson ha ben poco da festeggiare quando si tratta di terrorismo. Aveva promesso leggi speciali in reazione ai 2 morti e ai 3 feriti provocati lo scorso 29 novembre dal 28enne pakistano Usman Khan, jihadista comprovato in libertà “vigilata”. Il regime carcerario soft, in vigore non certo solo in Gran Bretagna, era finito al centro delle polemiche insieme al fallimento dei programmi di de-radicalizzazione e Johnson aveva promesso cambiamenti significativi nelle politiche anti-terrorismo.

L’overdose da Brexit deve aver fatto scivolare la sicurezza dei cittadini in secondo piano, così il 2 febbraio è giunto il ventenne Sudesh Amman, studente di college nato nei pressi di Londra e originario dello Sri Lanka, a chiudere i festeggiamenti nel peggiore dei modi, riportando il paese alla realtà della minaccia quotidiana rappresentata dal terrorismo.

Amman era appena uscito di prigione, senza aver scontato per intero la condanna a 3 anni e 4 mesi comminatagli per diffusione di materiale estremista e per aver raccolto informazioni potenzialmente utili a compiere un attacco terroristico. Come Usman Khan, era in libertà “vigilata”, una condizione che paradossalmente sembra consentire più facilmente l’esecuzione di attentati che la libertà vera e propria. Il machete di cui Amman era entrato in possesso non ha prodotto morti, ma “solo” tre feriti, che hanno comunque fatto nuovamente scoppiare le polemiche, spingendo finalmente Johnson ad annunciare l’introduzione di una legislazione d’emergenza volta a bloccare il rilascio anticipato di detenuti condannati per reati di terrorismo.

Oltremanica, sul versante continentale, il 3 febbraio la Francia si è trovata di fronte al secondo caso d’infiltrazione jihadista nelle sue forze di sicurezza. Dopo Michael Harpon, l’esperto informatico che armato di coltello ha ucciso 4 persone ferendone una all’interno della prefettura di Parigi il 2 ottobre, è venuto il turno di Matthias R., la recluta ancora non meglio identificata che a Dieuze, vicino Metz, ha fatto irruzione in una caserma della locale gendarmeria ferendo un “collega” con un’arma da taglio prima che quest’ultimo lo neutralizzasse a sua volta con colpi di pistola. L’aggressore, attualmente ricoverato in ospedale, avrebbe avvertito telefonicamente dell’imminente attacco poco prima di recarsi presso la gendarmeria, preannunciando una carneficina a opera dell’Isis. Gli inquirenti ancora non sciolgono la riserva sulla natura terroristica dell’accaduto, ipotizzando possibili turbe mentali da parte di Matthias R. Le chiare tinte jihadiste attribuite al folle gesto non lasciano però dubbi sui riferimenti ideologici che hanno catalizzato l’azione della giovane recluta.

Occorrono misure speciali anti-radicalizzazione per le forze di sicurezza francesi e per coloro che lavorano in questo ambito? Quanto meno maggiori accortezze in fase di prevenzione sembrano necessarie. A ciò si aggiunge il fatto che in Francia, come in Gran Bretagna, un numero considerevole di attacchi terroristici è stato effettuato da soggetti già conosciuti dalle forze dell’ordine.

La decisione di Johnson, assunta dopo una lunga attesa fatta di morti e feriti, potrebbe spingere anche la Francia e altri Paesi europei a rompere gli indugi e a dismettere quel buonismo ideologico di cui il terrorismo jihadista continua a nutrirsi, privandolo così della libertà di azione per mietere nuove vittime.

Aggiornato il 06 febbraio 2020 alle ore 11:15