Alla lunga l’estremismo non paga

A margine delle elezioni che si sono svolte in Emilia-Romagna, le quali hanno assunto un valore politico nazionale, mi sento di aggiungere una breve riflessione sulle sorti della cosiddetta destra plurale, o centrodestra a trazione sovranista che dir si voglia.

Ciò sottintende, a torto o a ragione, una notevole tendenza, tanto nei toni che nei contenuti, ad estremizzare alcuni aspetti della relativa proposta politica. Tutto in misura ben maggiore rispetto al vecchio centrodestra guidato da Silvio Berlusconi. Soprattutto in Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che pesca in un elettorato contiguo a quello leghista, una tale caratteristica appare ancor più evidente rispetto alla Lega, in base all’evidente necessità di distinguersi che hanno gli alleati più piccoli di una coalizione.

Tuttavia, ed è questo un punto particolarmente delicato in ogni democrazia matura, per governare alla fine dei giochi occorre sempre attrarre quella componente moderata dei consensi la quale, seppur data in forte riduzione in questi ultimi anni, continua a rappresentare una sorta di ago della bilancia in qualunque tornata elettorale. Lo dimostra a mio avviso proprio l’esperienza appena conclusa in Emilia-Romagna, in cui la destra sovranista ha consolidato sostanzialmente la grande avanzata delle Europee, ma a tutto vantaggio del partito della Meloni, l’unico a crescere nel suo schieramento. Mentre Forza Italia, ovvero la componente moderata ed europeista della coalizione medesima, dopo il crollo registrato nel maggio del 2019, oggi sembra quasi scomparsa, raccogliendo uno striminzito 2,6 per cento di consensi.

Ora, per farla breve, se è vero che il partito di Berlusconi fa sempre più fatica a trovare visibilità, schiacciato com’è dalla debordante propaganda sovranista dei suoi due alleati (propaganda la quale sembra dominare anche sui canali Mediaset), ma questo a conti fatti rischia di far letteralmente fuggire a gambe levate il summenzionato elettore moderato. Fuga in parte verso l’astensione e in parte verso altri lidi politici, così come sembra che sia avvenuto in una certa misura proprio in Emilia-Romagna. In tal senso, l’eccessiva personalizzazione che il “Capitano” leghista ha voluto imporre a queste importanti Regionali, con tanto di grave caduta di stile nell’autolesionistico episodio del citofono in quel del quartiere Pilastro, hanno accentuato proprio quella estremizzazione di toni e di contenuti simbolici che, a mio modesto parere, può far crescere i voti dei singoli partiti ma rischia di lasciarli a lungo all’opposizione.

Con il suo gesto quanto meno incauto, Matteo Salvini sembra essere caduto nella trappola delle Sardine, i cui animatori sembrano nascondere un estremismo ed una intolleranza ben maggiore di quella ancora piuttosto folkloristica dei leghisti. Di fronte al loro rinascente ed opportunistico antifascismo d’antan, non bisogna assolutamente commettere l’errore di farsi dare dello squadrista citofonico. In tal senso la moderazione e l’equilibrio dovrebbero rappresentare un tratto caratteristico per chiunque aspiri a governare questo disgraziato Paese.

Aggiornato il 29 gennaio 2020 alle ore 10:08