Un Paese a vocazione autoritaria

martedì 3 dicembre 2019


E se l’Italia, insieme a qualche altra sfortunata “espressione geografica” europea stesse gradualmente trasformandosi in un “Paese a vocazione autoritaria”? Cioè, in realtà, se stesse trasformandosi in ciò che è sempre stato – e che solo il fascismo con la tragedia della guerra mondiale e delle leggi razziali gli ha giocoforza impedito di continuare a essere – e ha sempre, sotto sotto, voluto essere. Il modello non poteva essere più il fascismo e neanche il comunismo. Da noi un autoritarismo parareligioso ( e anche paraculo) che agita popolo, forca e manette da una parte, e moralismo fiscale e sessuale dall’altra, era la vera soluzione “fatta in casa”. Adesso ci siamo quasi arrivati. Anche senza il quasi. Comandano i moralisti dentro la magistratura e dentro certo giornalismo e quelli disposti a piegarsi a questo andazzo in tutta la Pubblica amministrazione e anche in quella privata. Gente che fa finta di credere in quel che predica per continuare a mantenere un controllo sociale a buon mercato. Non c’è bisogno di perseguitare i propri oppositori, basta mandarli in carcere a morire ammazzati... per il vizio o per le tasse. Qualcosa si trova sempre. Il prototipo del giornalista eroe o martire in fondo fa parte di questa visione autoritaria. Quella del “Paese a vocazione autoritaria” è una formula perfetta in passato inventata dai Togliatti, ripresa dai Berlinguer, ma poi utilizzata alla bisogna dai democristiani come dai socialisti, e oggi dai grillini, dai leghisti e da buona parte del Partito Democratico. Minaccia il carcere a chi non la pensa come te.

A chi non ha la tua stessa idea di società auto identificantesi con la Pubblica amministrazione, a chi non idolatra i magistrati come non idolatrava i politici, almeno finché non furono sostituiti dai primi, prometti come ai tempi di Dante, l’esilio, la galera e la pubblica mortificazione. Plaudi commosso nei congressi sindacali al compromesso raggiunto con la corporazione pubblica prediletta e privilegiata cui tutto è stato delegato alla fine dello scorso millennio.

Questo tipo di società e di Stato che va costruendosi in Italia per discriminare, reprimere e persino ammazzare i propri oppositori non ha bisogno di carri armati ma di un popolo di Scarpia come le recenti leggi su corruzione e fisco stanno tentando di farci diventare. Così una nazione di poveri potrà divertirsi a vedere rotolare nel fango anche i pochi ricchi e benestanti rimasti. Tutti insieme a sguazzare nella polvere della fine della nostra storia recente. Tutti contenti che il vizio, la corruzione, il peccato – in una parola “il male” – siano stati alla fine debellati.


di Dimitri Buffa