Prescrizione: settimana battagliera

lunedì 2 dicembre 2019


È iniziata la settimana di astensione dalle udienze (e non solo), scandita da una interminabile maratona oratoria che consentirà, con toni e modi diversi, di ribadire il nostro “no” alla cancellazione della prescrizione. Oddio, data la semplicità della questione, due parole sarebbero più che sufficienti per dimostrare ingiustizia e inutilità delle nuove norme. Come abbiamo visto, una semplice vignetta vale più di cento dibattiti e di mille approfondimenti.

Tra una settimana, se il Governo sopravvivrà, saremo ancora qui, magari per tirare le somme e prendere atto che le cose stanno esattamente come prima. Nulla di fatto, ovvero - all’italica maniera - un rinvio dell’entrata in vigore di questa sciagurata riforma.

E, tuttavia, protestare non è inutile soltanto perché, nell’immediato, i risultati scarseggiano. Il passato ci insegna che furono necessari sette anni di protesta (ed un clima politico molto diverso) per vincere la battaglia del 513 ed arrivare al 111. Numeri, sconosciuti ai più, che si riferiscono a principi esiziali, oggi rimessi in discussione dai più pericolosi nemici della democrazia, vale a dire gli idioti.

Con gli stupidi, dicono, è inutile discutere perché ti trascinano al loro livello e ti battono giusta la loro competenza. Non ci sono soltanto gli idioti, però. Alle loro spalle, stanno quelli – tutt’affatto sciocchi – i quali hanno capito benissimo come si fa ad alterare le basi di una democrazia: eliminando per via giudiziaria gli avversari, congelati in un processo senza fine le cui implicazioni sono definite dalla spazzacorrotti di turno; creando le condizioni per la espulsione dalla società civile dei presunti cattivi. Dei normali cittadini, irrilevanti numeri di consultazioni manipolate, non interessa a nessuno: non a chi decide, almeno.

Dunque, la battaglia per la prescrizione è anche, o soprattutto, una battaglia politica, per la democrazia e la libertà, per impedire che la nostra si trasformi in una post-democrazia a guida giudiziaria, magari condizionata dagli algoritmi di un frustrato e dei suoi amici.

Le cose devono sempre essere osservate in profondità, senza pregiudizi. A volte, è necessario un pizzico di spregiudicatezza e anche un po’ di coraggio. Parlare dal pulpito, probabilmente, non servirà. Non a breve, forse. Ma è necessario che qualcuno lo faccia, per evitare che, mentre i più agitano lo spettro di un fascismo da operetta, quelli che la sanno lunga ce ne impongano uno nuovo. Reale.


di Mauro Anetrini