Non bisogna accanirsi sulla ex ministra della Difesa Elisabetta Trenta per la faccenda della casa di 180 metri quadri, con quattro stanze, doppi bagni e salone doppio a due passi da Piazza San Giovanni a Roma. Basta con il crucifige su cui si stanno distinguendo non solo gli avversari politici ma, soprattutto, i suoi compagni di partito. Questi ultimi hanno tanto insistito sull’uno vale uno e sul fatto che ad occupare posti di governo ci può andare anche la casalinga di Voghera. Ed ora che la Trenta, da oscura consulente del ministero della Difesa e frequentatrice della Link University ha mostrato la propria debolezza umana preferendo la casa di rappresentanza al due camere e cucina al Pigneto, dove abitava prima di diventare ministra, dovrebbero mostrare maggiore comprensione. Gli umani, infatti, cedono alle debolezze.

Come insegnò a suo tempo Alessandro Manzoni muovendo a pietà per la Monaca di Monza che “sventurata rispose”. E come si dovrebbe comportare oggi Luigi Di Maio di fronte alla Trenta, che “sventurata, dispose” (l’assegnazione dell’appartamento  al proprio marito).

La carne è debole e la voglia di casa è forte. Soprattutto quando si tratta di trasferirsi dal Pigneto a San Giovanni.

Aggiornato il 20 novembre 2019 alle ore 09:59