L’allarme fascismo è reale

Finora abbiamo ostinatamente negato che nell’Italia del 2019 vi potesse essere un’emergenza fascismo. Abbiamo denunciato che richiamare in vita una parentesi, funesta, della storia del Paese fosse una stupida, e inutile, provocazione da parte di chi, privo di argomenti, provava ad agitare le ombre per fronteggiare la crescita di consenso degli avversari politici. Appunto, finora. Ma ieri c’è stata Bologna. Dopo ciò a cui abbiamo assistito dobbiamo fare ammenda delle nostre pregresse asserzioni e ammettere che sì, il fascismo sta tornando. Ma non in camicia nera, orbace e stivaloni. Quello che si è visto ieri sera intorno al Paladozza nel capoluogo emiliano-romagnolo in occasione dell’apertura della campagna elettorale del candidato della destra plurale, Lucia Borgonzoni, affiancata dal capo della Lega Matteo Salvini, supera ogni più fosca previsione sull’involuzione autoritaria della nostra società. Un pericoloso squadrismo rosso è sceso in strada per impedire a Salvini di tenere il suo comizio.

I soliti media di regime, utili idioti dell’egemonismo culturale della sinistra, si sono precipitati a salutare l’iniziativa anti-democratica come un grande momento di “mobilitazione democratica”. C’è chi ha titolato questa mattina, molto enfaticamente: “No pasaràn”, come se si fosse tornati sulla linea Maginot a impedire un’ipotetica invasione della barbarie nazi-leghista. Ma non si vergognano? Giustificare la violenza squadrista per impedire all’avversario politico di tenere un comizio elettorale è la negazione stessa della democrazia, è l’affermazione del principio autoritario dell’arbitrio (di qualcuno) nell’uso della forza per negare (a qualcun altro) libertà d’espressione. Si dirà, anche quei quattro imbecilli scesi in piazza ieri a Bologna esercitavano un legittimo diritto di libertà a manifestare il proprio pensiero. Non è così, è un inganno. Posto che in un Paese libero si ha sempre e comunque il diritto di esprimersi senza essere per questo patire la censura dalle autorità pubbliche, l’esercizio di tale potestà incontra un solo limite invalicabile che è quello del corrispondente diritto dell’avversario a poter illustrare liberamente il suo programma politico in occasione dei comizi elettorali. Tale opportunità non può essere negata e neppure compressa. I manifestanti di sinistra avrebbero avuto la possibilità di controbattere alle tesi salviniane in qualsiasi altro momento a partire dalla fine della manifestazione indetta dalla candidata alla presidenza della Regione Emilia-Romagna. Non durante.

La sfida di ieri sera dei Centri sociali, fermati nelle loro intenzioni violente dagli idranti della Polizia, è un pessimo segnale per la tenuta democratica delle nostre istituzioni. Qui non si tratta di essere di parte. Se, per ipotesi, oggi o nei prossimi giorni a un comizio elettorale indetto dalla sinistra a sostegno del suo candidato presidente si presentasse un gruppo di destra a fare casino e a protestare per impedire agli oratori di svolgere il comizio, scriveremmo esattamente le stesse cose e lanceremmo il medesimo allarme per l’insorgenza di un rigurgito autoritario. Ciò che disgusta, anzi diciamolo fuori da ogni ipocrisia: fa schifo, è il silenzio sulla vicenda del campione della sinistra Stefano Bonaccini,. Un sincero democratico avrebbe dovuto esprimere solidarietà all’avversaria per la grave aggressione subìta e per il vulnus recato al principio costituzionale della libertà di partecipazione alla politica degli individui. Il corteo minaccioso che ha sfilato attorno Paladozza ha, di fatto, impedito che liberi cittadini potessero accedere al luogo in cui la candidata della destra plurale presentava il suo programma per l’amministrazione della Regione emiliano-romagnola. E come lo chiamate un comportamento del genere? Per noi è squadrismo fascista. Punto. Peggio ancora se venga praticato in nome e per conto di un sedicente spirito partigiano evocato attraverso i molti striscioni inneggianti all’antifascismo dei bolognesi. Ma la violenza di ieri sera non è un episodio isolato. C’è stata la solfa montata ad arte sul presunto antisemitismo della Lega e di Fratelli d’Italia, e per di più lanciata da coloro che storicamente sono stati contro Israele ed il suo diritto d’esistere come Stato sovrano.

Si è andati avanti per giorni con la manfrina dei capi sovranisti istigatori d’odio. E poi detta da chi? Da personaggi dallo scarso spessore intellettuale quali un Roberto Saviano che, colmo d’amore verso il prossimo, dice sui social all’indirizzo di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni: “Ci fate schifo”? Per non parlare di un non udibile Oliviero Toscani, un fotografo figlio di papà, con la spocchia del grande artista di scrittura con la luce, che apostrofa l’onorevole Giorgia Meloni: “Brutta, volgare, ritardata”. Quando si dice un signore. Ecco il volto del fascismo redivivo. Ecco lo squadrismo rosso dei Centri sociali, coccolati dalla mediocre intellighenzia radical-chic la quale pensa di restare in vetta, a dispetto delle sue inattitudini, facendo conto sulle spranghe e sulle molotov di quei bravi ragazzi dell’antagonismo. Vi sono momenti in cui verrebbe voglia di reagire: a brigante, brigante e mezzo. Volete la rissa? Ok, ci stiamo. Ma sarebbe sbagliato scendere sullo stesso piano del nemico. Se politica è pensiero in atto, ragionamento concludente, dialogo costruttivo, confronto anche serrato con l’avversario non si può fare il gioco degli anti-democratici. L’unica è resistere alle provocazioni e provare a vincere le elezioni, che non sarà cosa facile soprattutto in una terra “rossa” come l’Emilia-Romagna. I “compagni” sono polpi (purpettielo vulgaris): devono cuocere nella loro acqua.

Aggiornato il 15 novembre 2019 alle ore 14:01