Destra liberale e scivoloni papisti

lunedì 4 novembre 2019


Che Stefano Zamagni, Presidente della Pontificia Accademia di Scienze Sociali ed uomo vicino al Romano Pontefice regnante, partecipi ai primi atti fondativi di una formazione partitica cattolica e ne sia magna pars è uno scivolone politico difficile da capire.

La Pontificia Università Lateranense, già negli anni Ottanta del XX secolo, quando la Democrazia Cristiana sembrò ben lungi dallo sfaldarsi, condusse periodici sondaggi demoscopici con interviste ai fedeli cattolici all’uscita dalla messa. Registrò come costoro non confondessero già più fra politica e religione. Quei credenti praticanti, alla domanda su quale fosse il loro partito preferito, espressero un ventaglio di risposte che andarono dal Movimento Sociale alle liste a sinistra del Partito Comunista. Ben oltre i limiti dell’ allora imperante arco costituzionale. La Dc allora si resse, fu evidente, non sul voto dei cattolici praticanti, ma sul “turiamoci il naso” di montanelliana memoria. Rappresentò una borghesia secolarizzata che o evitò le chiese, o ci entrò la domenica per mera abitudine sociale.

Costoro ora ci sono ancora, ma non sono più vincolati da quei timori. È un ceto non amato da chi scrive, in quanto non ha né principi né midollo, ma comunque non reclutabile neppure da un partito cattolico romano, non amato da chi scrive perché troppo cristiano per essere papista. Quindi l’iniziativa si preannuncia un fiasco. Ciò a prescindere dal programma annunziato, di suono piddino anche se a parole prende le distanze dal Pd. Uno scivolone che corre il rischio di compromettere ancora di più la credibilità politica della chiesa cattolica in Italia.

Spetterà ai laicisti di Destra Liberale salvare anche una tradizione cristiana non papista, dal sapore antico, di cui si sente il bisogno per ricostruire una vera morale pubblica e privata, così devastata da baciapile e zombi cattocomunisti.


di Riccardo Scarpa