La caduta del Bis-Conte

Tra le tante considerazioni lette ed ascoltate sul Governo Conte bis (però a noi suona meglio Bis-Conte) siamo rimasti colpiti dalle inusuali e insistite previsioni sulla sua durata. La formazione di un nuovo governo è sempre accompagnata dai giudizi sulla composizione e sui programmi. La maggioranza parlamentare e l’opinione pubblica favorevole lo magnificano come una svolta decisiva nella politica nazionale; la minoranza e i contrari lo sminuiscono fino a denigrarlo come la peggiore soluzione ai mali del Paese.

Il Bis-Conte è stato bollato come governo del tradimento in modo alquanto bizzarro: Matteo Salvini gli imputa di aver tradito la volontà degl’Italiani; Luigi Di Maio ribatte che il traditore è invece Salvini stesso. Schermaglie tipiche degli amanti all’atto della separazione. Sarà lo scambio di accuse virulente, fatto sta che molti, più del solito, hanno elucubrato ogni genere di pronostico sulla vita del governo, persino mentre si andava formando. Questi moderni aruspici non hanno formulato presagi solo sulla base delle attitudini e inclinazioni personali, ma, da “osservatori delle interiora” secondo l’etimologia, hanno condotto un esame approfondito e minuzioso delle viscere del governo, della maggioranza parlamentare, dei partiti che la compongono. Come accadeva anche nell’antica Roma, il vaticinio non è stato univoco, ma sostanzialmente duplice.

Chi dice che il governo non ha prospettive durevoli perché accozza partiti ed uomini che, se non ad odiarsi come fino al giorno prima, continuano a diffidare e cooperano con il pugnale dietro le spalle. Chi dice invece che il matrimonio appena celebrato, sebbene con riserve mentali di entrambi gli sposi, essendo basato sull’interesse anziché su affinità elettive, è solido e stabile. A noi sembra, sommessamente, che abbiano un po’ di ragione gli uni e gli altri, sicchè tutto può succedere. Il potere è un collante, ma il rancore o anche semplici sospetti possono diventare efficaci solventi. Il “nemico alle porte” rinsalda i legami tra gli “assediati”. Ma gli “assedianti” possono diventare inarrestabili già semplicemente con i numeri prim’ancora di esercitare la forza.

Pur essendo dunque il futuro sulle ginocchia di Giove, esistono degli elementi che possono essere valutati. Il più dirimente consiste nell’elezione del presidente della Repubblica, che nell’incertezza o nello stallo della politica ha in mano le chiavi d’ogni possibile sviluppo. Il futuro presidente lo può eleggere la stessa maggioranza governativa, che preferirà sopravvivere e durare per contrattarne la scelta al proprio interno anziché tra le forze dell’intero Parlamento. Forse quasi ugualmente decisivi saranno tuttavia i turni elettorali delle Regioni, che potranno terrorizzare i partiti di maggioranza ed indurli ad un “si salvi chi può” dopo feroci scambi di accuse sulle colpe della loro sconfitta. Non sarà necessario che entrambi regrediscano in modo vistoso elettoralmente. Basterà che accada ad uno solo dei due. I loro capi hanno piena consapevolezza che le due parti contraenti del patto di governo simul stabunt vel simul cadent. Infatti già cercano di stringersi in un abbraccio di sopravvivenza, variamente chiamato e mascherato.

Aggiornato il 17 settembre 2019 alle ore 10:24