Renzi se ne va, i liberali dove vanno?

Se ne va. Matteo Renzi saluta tutti e se ne va. Quel genio di Nicola Zingaretti, nonostante avesse assicurato a Matteo Salvini il sostegno nella richiesta di elezioni, ha creduto alla favoletta di un governo migliore guidato dall’ineffabile Giuseppe Conte, e si è imprigionato in una scatola dalla quale non riesce ad uscire.

Renzi, probabilmente sostenuto da Silvio Berlusconi e con la benedizione di Gianni Letta, porta con sé alcuni (per ora) parlamentari e tiene sotto scacco il governo, ma non per abbatterlo. Quanto raccoglierà il suo partito? Inizialmente poco, forse; dopo, non si sa. Certo è che Renzi occupa il centro dello schieramento politico riempiendo un vuoto che lui stesso ha creato spingendo a sinistra il Partito Democratico e si pone come arbiter del prossimo futuro, in attesa di ricostruire qualche cosa di simile alla Democrazia Cristiana. Li ha messi alle corde. Bravo lui, fessi loro. Ora: aveva ragione o no Salvini a dire che per uscirne era necessario votare?

Finalmente, la Prima Repubblica sta per andare là dove alcuni pensano sia da tempo: in soffitta, tra le cose dismesse. Ai gonzi che hanno creduto al cambio di sistema, vorrei replicare che l’ordinamento è immutato, l’impianto costituzionale pure e la legge elettorale è quella di sempre. D’Hondt funziona ancora.

Piuttosto, è vero che il colpo di mano non solo giudiziario del 1992 sostituì la classe dirigente, illudendoci tutti per almeno vent’anni sull’evoluzione delle cose, che restano quelle di sempre, a dispetto della sostituzione dei nomi.

Ora, le cose cambieranno. Quale che sia l’intenzione di Matteo Renzi e comunque si presentino i risultati che verranno, ciò che ci costringerà a cambiare – la Costituzione – è il momento, l’attimo delle occasioni da cogliere al volo. La dico tutta: non so se Renzi abbia colto fino in fondo la portata del suo gesto o se si sia arrestato alla valutazione tattica. Credo, però, che il quadro sia chiaro all’unica persona in grado di guidare il cambiamento, vale a dire il Presidente Mattarella, che, non a caso, conosce a fondo la Costituzione vigente e ne potrebbe favorire l’adattamento alle novità che hanno trasfigurato la società negli ultimi 40 anni. Un nuovo centro, poi, apre le porte a quello che per anni non si è potuto fare per la mancanza di un punto di mediazione tra blocchi contrapposti. Lo sanno tutti, da Silvio Berlusconi a Massimo D’Alema.

Dove staremo noi liberali? A destra, in una nuova destra, in una nicchia come sempre, dicendo che non tutto (molte cose) di quel mondo ci piace, ma convinti che quella è l’unica parte in cui trovare sostegno alle nostre idee in materia economica. E sicuri che il nuovo patto proteggerà le nostre convinzioni in tema di diritti fondamentali.

Aggiornato il 17 settembre 2019 alle ore 11:22