L’all-in di Renzi

Matteo Renzi se n’è ghiuto (lo so, fossero in vita, rischierei di essere, per l’oltraggioso accostamento, trascinato in Tribunale sia da Roderigo di Castiglia, alias Togliatti, che da Elio Vittorini; spero, tuttavia, nella comprensione: entrambi sapevano che la storia tende a ripetersi non al massimo del proprio splendore).

La scissione renziana, oltreché ampiamente annunciata, è tatticamente chiarissima. Per mezzo dell’alleanza con il Movimento 5 Stelle il nostro conta di aver spinto il Partito Democratico nelle braccia del massimalismo grillino e, per converso, di aver liberato per sé uno spazio al centro. Non staccherà la spina al Governo e proverà, nel frattempo, a costruire il proprio partito.

Solo il futuro ci dirà se sarà stata una mossa vincente; ho qualche dubbio: i sondaggi, noti a tutti da mesi, son cattivi e le scissioni, storicamente, non finiscono benissimo per chi le promuove, ma mai dire mai. Del resto, dopo il referendum, Renzi aveva perso ogni centralità e poteva solo tentare un all-in pokeristico. C’è però un dato interessante: credo possa dirsi definitivamente morta la Terza Repubblica. Un accrocco nato tra gli slogan (complice la peggiore classe politica della storia repubblicana, nessuno è stato in questi ultimi anni in grado di produrre uno straccio di pensiero se non la continua eccitazione delle rispettive tifoserie) e morto tra i tatticismi (per dirne una, da oggi i grillini sono al governo con il partito di Renzi, proprio il suo; cosa racconteranno ai propri elettori?). Credo che la circostanza meriti un buon brindisi, ché di peggio sarà difficile vedere.

Aggiornato il 17 settembre 2019 alle ore 14:16