Un colpo Basso alla speranza

Sarà felice il premier di questa giravolta, proverà la contentezza della capriola riuscita bene, insomma. Sembra che Conte non senta il peso della thymos platonica, di fronte a un riconoscimento più virtuale che sostanziale, perché il paese è livido e inquieto. Del resto basterebbe girare per i supermercati, le fermate dei bus, i negozi, i bar, le strade, per capire quanto la gente sia indignata e disgustata da questa forzatura che impedisce il voto e assegna il governo ai perdenti. Anzi, a dirla tutta, non solo ai perdenti, che sarebbe il minimo, ma a due partiti il Pd e i Cinquestelle, che dopo questa mossa hanno bruciato ogni minima credibilità e affidabilità politica.

Diteci voi infatti chi mai in Italia possa credere ancora, alle dichiarazioni, alle assicurazioni, alle parole, di chi senza il minimo pudore abbia rinnegato il rinnegabile, nel giro di poche ore. Guardate, qui non si tratta di cosette, di attaccarsi al fumo della polemica, oppure alla vis dialettica fra partiti, si tratta della dignità con la quale i politici chiedono ai cittadini la delega della sovranità. Quella sovranità che il popolo concede attraverso il voto nella convinzione di essere rispettato sia nelle scelte sia nelle posizioni che scaturiscono dalle elezioni.

Bene, anzi male. Passarci sopra, fare finta di niente nell’annunciare l’esatto contrario di ciò che si era fatto credere nell’immaginario, non solo è grave, ma spinge il paese a una reazione di stizza e compulsione. Ecco perché ovunque in queste ore, dal nord al sud, la gente è avvelenata, contrariata e disgustata, dal balletto dei grillini e dei postcomunisti, pronti a rinnegare tutto pur di spartirsi il governo e gli altri posti. Sia chiaro: nessuno crede al rinnovamento, al cambiamento, alla sincerità di una alleanza che si fonda sull’offesa, sul dispregio, sul contrario della minima buona creanza.

Con questa scelta si è fatto un danno enorme, si è dato un colpo mortale alla credibilità della politica, si è costituito un precedente che si dimostrerà rischioso e devastante. Per questo sarebbe stato giusto portare il paese al voto, perché, se è vero che la democrazia è procedura, è altrettanto vero che toglierle credibilità provoca solo una gravissima frattura.

Parliamoci fuori dai denti, non solo il voto è il primato della democrazia, ma ne certifica l’esistenza proprio per assicurare l’alternanza. Senza l’alternanza finisce il senso della procedura e inizia una pericolosa forzatura. Va da sé che prima o poi torneremo alle urne, ma in tutta coscienza nessuno ci toglie dalla testa che con questa inimmaginabile alleanza si è voluta evitare proprio l’alternanza, la vittoria del centrodestra insomma.

Oltretutto e lo diciamo con rispetto per il Capo dello Stato, siamo convinti che non solo si sarebbe dovuto tornare al voto, ma che in passato se fosse accaduto tanto, le scelte di altri, in punta di Costituzione avrebbero preso una diversa connotazione. Sciogliere le Camere, infatti, di fronte ad una crisi totale, dopo un’esperienza di maggioranza innaturale, che ha visto le sinistre accusare i grillini di ogni male, per noi sarebbe stato regolare.

Ecco perché torniamo alla credibilità, all’esempio che il Parlamento deve dare agli elettori, alla coerenza che le Camere devono alla cittadinanza, il titolo di onorevole non è venuto a caso, l’onorabilità nasce dall’obbligo costituzionale di disciplina e onore, appunto. Affidarsi oggi a chi si è insultato, mortificato e offeso sempre, a chi ha giurato di non poter mai condividere con l’altro un’alleanza, è un colpo basso perfino alla speranza.

Aggiornato il 01 settembre 2019 alle ore 17:04