L’aberrante “resistenza“ dei teologi della liberazione nostrani

venerdì 9 agosto 2019


“Questo è tempo di resistenza umana, civile, religiosa”. Così il direttore della rivista “La Civiltà Cattolica”, padre Antonio Spadaro, ha commentato la battuta di ringraziamento alla Madonna pronunciata da Matteo Salvini in occasione dell’approvazione da parte del Parlamento del Decreto sicurezza-bis. A Spadaro ha fatto eco il presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, che ha rilevato polemicamente come “i simboli religiosi valgono solo nel contesto di una fede vissuta, altrimenti sono una sterile ostentazione”.

I cattolici progressisti che sostengono ed ispirano Papa Francesco, in sostanza, tornano a scendere in campo invitando alla mobilitazione dei veri fedeli contro la presunta blasfemia di Matteo Salvini. Ma non c’è nulla di religioso nella loro preannunciata battaglia. Di ostentatori della fede è sempre stato pieno il mondo. E solo un problema di convenienza politica ha spinto le gerarchie ecclesiastiche ad assumere posizioni contrarie o a favore. Non c’è bisogno di rievocare le benedizioni ai gagliardetti fascisti durante il regime o il sostegno esplicito al ceto politico democristiano che sull’ostentazione della fede poggiava gran parte del proprio consenso popolare. Allora Dio e la Madonna potevano essere evocati e ringraziati senza problemi. Oggi, invece, se questa invocazione e questo ringraziamento proviene dal leader della Lega diventa uno scandalo che suscita addirittura la necessità di lanciare campagne di resistenza “umana, civile, religiosa”.

La contraddizione in chi ha consentito per decenni ai preti pedofili di continuare a rappresentare la religione di Cristo è smaccata. Ma innescare una qualsiasi polemica su questo terreno è del tutto superfluo. Perché la vera questione su cui discutere è la scelta della Chiesa di Francesco di tentare di risolvere la propria crisi rinnegando la propria antica identità religiosa e puntando a definire una nuova identità solo ed esclusivamente sul terreno politico e sociale. Con l’adozione di una Teologia della Liberazione che impegna il Papa ad essere non più il Defensor Civitatis, ma lo strumento di rivendicazione solo dei poveri, dei diseredati, dei migranti.

La Chiesa di Francesco, in sostanza, si trasforma in un soggetto politico che si occupa solo ed esclusivamente di questioni politiche e sociali. È difficile prevedere se questa operazione di cesura con il misticismo e la religiosità del passato e di estrema politicizzazione in vista del futuro possa avere successo. Di fatto inserisce la Chiesa nell’agone politico. E, oltre a dividerla al proprio interno, la mette in condizione di subire le intemperie della battaglia politica. I vari Spadaro sono dunque avvisati. Quando si dirà che la loro “resistenza umana, civile, religiosa” è una irrealistica forzatura per un Paese che non è la Colombia, non potranno ammantarsi della loro tonaca per elevarsi fuori della mischia.

 


di Arturo Diaconale