Lite Lega-M5S: e Savoini dove lo metto?

Il Russiagate all’ossobuco leghista sembrava una polpetta avvelenata e invece somiglia sempre più a una buccia di banana messa sulla strada di Matteo Salvini per fargli rompere l’osso del collo.

L’affare della presunta mazzetta petrolifera russa da girare alla Lega alla voce “finanziamento dal nemico” si sta ingigantendo ben oltre il consentito. La ragione è che i media italiani ci stanno ricamando sopra alla grande, la manina o manona che ha dato il là allo scoop al momento resta ignota, ma la colpa dell’esasperazione dei toni lievitati sul nulla è certamente dello stesso Salvini che sta gestendo malissimo la partita. Posto che è lui il bersaglio da abbattere, che senso ha incartarsi negando l’evidenza? La pietra dello scandalo è o sarebbe quel tale Gianluca Savoini, individuato tra i partecipanti alla ormai famosa riunione moscovita all’hotel Metropol il 18 ottobre del 2018, durante la quale si sarebbero dati i numeri a proposito di una partita di petrolio russo da vendere all’Italia e di una provvigione da 65 milioni di dollari da versare nelle casse del movimento leghista.

Savoini è un fedelissimo della prima ora di Alberto da Giussano; ha ricoperto incarichi anche al tempo della segreteria di Salvini ed ha una spiccata propensione per combinare affari con il mondo economico russo. Che male c’è? Allora perché rinnegarne il ruolo fino a sostenere quasi di non conoscerlo? Una presa di distanze posticcia che getta un’ombra sulla sua qualità umana e morale. Savoini è ossessionato dalle photo opportunity al punto che la Rete è invasa dalle istantanee scattate con personaggi altisonanti dell’establishment russo. Il presenzialismo di Savoini, a cui non sfugge neanche Vladimir Putin, ricorda la barzelletta di Persichetti affacciato alla Loggia delle Benedizioni di San Pietro accanto a un tale vestito di bianco. Che senso ha negare di averci avuto a che fare?

Luigi Di Maio sta cavalcando la bestia del sospetto nella speranza di trarre un dividendo elettorale. Il giovanotto ancora una volta sbaglia a fare di conto. I tempi sono molto cambiati. Oggi l’elettorato ha mostrato di apprezzare particolarmente valori dati sbrigativamente per tramontati. Alla trasparenza si preferisce la coerenza; sulla presa di distanza perbenista fa aggio la lealtà. Di Maio crede di farsi del bene scaricando Salvini nel momento della difficoltà. Non immagina che il suo opportunismo infingardo alla lunga gli costerà caro. E in un mondo alla rovescia dove si indaga per il reato di invito a cena con l’autocrate, anche il premier Giuseppe Conte si prende la soddisfazione di sbugiardare il capo della Lega. Non l’ha invitato lui Savoini alla cena di gala a Villa Madama con il leader russo Vladimir Putin a conclusione del Forum di dialogo italo-russo delle società civili, tenuto alla Farnesina lo scorso 5 luglio. Allora sia la magistratura a fare chiarezza su chi ce l’ha portato. Se questo è il meglio che sa dire il capo del Governo, siamo messi male. Per non parlare delle opposizioni di sinistra. Per definire il comportamento nella vicenda dei suoi capi e capetti l’unico aggettivo che viene in mente è: patetico. Vedere personaggi di scarso spessore stracciarsi le vesti per i presunti condizionamenti che la politica italiana avrebbe subìto dalla Madre Russia per colpa del “venduto” Salvini, è comico. Basterebbe ricordare loro che il Partito Democratico è l’erede orgoglioso della storia del Partito Comunista Italiano il quale, com’è noto, ha campato per decenni grazie alle vagonate di dollari provenienti da Mosca. Sì, i compagni del Pci, quelli della questione morale che è sempre valsa per gli altri ma mai per loro, erano al soldo del Cremlino. Ma i “Dem” non sono il problema, perché a riguardo non hanno alcuna credibilità.

Il problema semmai è l’alleato Cinque Stelle che non è nuovo a pugnalare l’amico alle spalle. Di Maio insiste per la commissione d’inchiesta parlamentare sui finanziamenti ai partiti e sul fatto che Salvini debba presentarsi in Senato a dare spiegazioni della vicenda dei rubli russi. Il “Capitano” accetti la sfida. Senza cadere nella solita retorica sentimentale, varrebbe la pena ricordare al leader leghista che nella storia parlamentare italiana del Novecento vi sono state occasioni nelle quali grandi statisti si sono presentati in Aula a prendere di petto i diffamatori rivendicando con coraggio le scelte compiute. Salvini decida chi vuole essere da grande: lo statista del quale parleranno i libri di storia o il politicante che biascicando qualche inutile scusa cercherà di salvare la cadrega? Se non l’ha ancora capito, il leader leghista è finito nel mezzo di un gioco di parate e risposte scambiate tra protagonisti della geopolitica molto più grandi e potenti di lui. Ora, il problema non è più come evitare di finirci invischiato ma come tirarsene fuori con stile e con il minor danno possibile.

Il “Capitano”, dicono, non ha bisogno di consigli. Ma noi ci permettiamo di dargliene uno ugualmente: tiri fuori il carattere e stronchi le dicerie sul nascere. Conoscere Savoini non risulta essere ancora reato penale. C’è stato un rapporto di stima e di fiducia? Perché negarlo? Altra questione sono le presunte mazzette ricevute a titolo di finanziamento. Non ci sono state? Benissimo. Lo vada a sbattere in faccia ai suoi accusatori in Parlamento. E visto che c’è ribalti la frittata, chieda a loro come si sono finanziati in questi anni. Lo chieda anche a quella santerella terzomondista della signora Laura Boldrini. Lo chieda ai quattro gatti della sinistra radicale che hanno trovato la forza di armare una nave per andare a raccogliere immigrati nei rendez vous fuori le acque libiche. E lo chieda al signor Matteo Renzi, che ha la faccia tosta di gridare al tradimento della Patria a proposito delle vacanze moscovite dei leghisti. Proprio lui parla di tradimento. È la solita storia del bue che chiama cornuto l’asino. Salvini si preoccupa dello share? Vada in Parlamento a dire la sua e vedrà che i sondaggi riprenderanno a schizzare verso l’alto. L’opinione pubblica non aspetta altro per confermargli il proprio gradimento.

Aggiornato il 16 luglio 2019 alle ore 10:36