Salvini e la Trenta si fanno la guerra. E la Libia?

Matteo Salvini si lamenta del fatto che, sul contrasto alle navi delle Ong cariche di immigrati clandestini, sia stato lasciato solo dagli altri ministri della compagine governativa. In particolare c’è l’ha con la titolare del dicastero della Difesa, Elisabetta Trenta, che non avrebbe schierato le forze navali a sbarrare la strada alle navi fuorilegge. Queste ultime, dopo la svolta a sorpresa della posizione giudiziaria della capitana della Sea-Watch 3, Carola Rackete, hanno deciso di sfidare apertamente il potere del ministro dell’Interno italiano. La ministra ribatte alle accuse con altre accuse.

Nella ricostruzione offerta alla stampa, Elisabetta Trenta veste i panni della maestrina (Matteo non mi ha dato ascolto) rinviando a Salvini la responsabilità di aver indebolito la sicurezza dei nostri confini. Per la Trenta la decisione di far cadere nel vuoto la missione aeronavale europea denominata “Sophia” sarebbe stato un gravissimo errore commesso dal leader leghista il quale fin dal suo insediamento al Viminale aveva puntato la prora contro la missione tacciandola di essere di fatto uno strumento azionato per facilitare e non inibire il flusso degli sbarchi in Italia di clandestini. La Trenta rigetta l’accusa di scarsa collaborazione mostrata dalla Difesa rispetto alle esigenze palesate dal Viminale. In proposito, la ministra cita l’episodio ancora fresco del motoveliero Alex la cui destinazione sarebbe dovuta essere il porto de La Valletta a Malta, non Lampedusa.

A Fiorenza Sarzanini, che l’ha intervistata per il Corriere della Sera, la ministra fa nomi e cognomi nel ricostruire l’accaduto. Racconta la ministra: “Il generale Pietro Serino, il mio capo di gabinetto, ha chiamato il prefetto Matteo Piantedosi offrendo il supporto delle navi militari. Abbiamo chiarito che con le nostre navi potevamo occuparci del trasbordo immediato dei migranti a Malta, quindi per portarli lontano dalle nostre coste visto che anche pubblicamente le autorità de La Valletta si erano dette pronte ad accoglierli. Eravamo a disposizione per il massimo sostegno, ci è stato detto che non serviva. Siamo rimasti a disposizione, pronti. Ma da quel momento non è più arrivata alcuna richiesta del Viminale. Salvini ha fatto una diretta social, ma istituzionalmente solo silenzio”.

La colpa, quindi, sarebbe del collega del Viminale se la nostra Marina militare non riesce a rendersi utile come invece potrebbe in momenti così delicati. E che la situazione sia esplosiva lo ammette la stessa ministra che annuncia, nel corso dell’intervista, la predisposizione di piani straordinari per fronteggiare l’emergenza scaturita dal peggioramento della situazione interna libica. La ministra assicura che “Se la crisi dovesse degenerare, l’Italia non può farsi trovare impreparata”. Le crediamo ma restiamo scettici sugli esiti positivi delle strategie messe a punto a Palazzo Baracchini. Non che gli alti gradi militari non sappiano fare il loro mestiere, ciò che lascia perplessi è l’approccio al tema della Difesa, che la grillina Elisabetta Trenta vorrebbe trasformare in una sorta di protezione civile rafforzata.

A tale riguardo Salvini ha poco da lamentarsi perché è sua la responsabilità di aver portato una Cinque Stelle a guidare il comparto della Difesa. Scelta più infelice non poteva essere fatta. Il leader leghista ha compiuto un macroscopico errore di valutazione. Pensava che per gestire con successo la politica di contrasto al fenomeno migratorio sarebbe bastato presidiare la postazione del Viminale. Ma, per quanto il ministero dell’Interno possa fare sfornando direttive una dietro l’altro sempre più restrittive, resta il vulnus del mancato funzionamento di un’azione integrata, interministeriale, per la protezione dei confini nazionali. Avere dalla propria prefetti e poliziotti non basta se poi non si hanno a fianco anche settori delle Forze armate, la magistratura e il personale diplomatico. Abbiamo supposto che dopo il travolgente risultato delle Europee il capo leghista avrebbe chiesto all’alleato grillino, per mantenere in piedi il Contratto di Governo, un serio rimpasto della compagine ministeriale.

Nel caso di un “Conte-bis” avremmo dato per scontato un cambio della guardia al Ministero delle Difesa. Invece, sembra che il tema del riequilibrio dei rapporti di forza tra alleati di governo sia scomparso dai radar della politica. Se è così, che ha da lamentarsi Salvini? Se non fosse che è in gioco l’interesse nazionale verrebbe da dire che chi è causa del suo mal pianga se stesso. Ma c’è di mezzo la sicurezza degli italiani e con quella non si scherza. Salvini deve prendere atto che la sola strategia di contrasto “a valle” delle navi delle Ong non basterà a fermare il flusso migratorio illegale se, in Libia, la situazione dovesse peggiorare o se le autorità di Tripoli dovessero mettere in pratica la minaccia rivolta all’Italia di liberare tutti gli immigrati trattenuti nelle strutture di detenzione con il pretesto di non poterne garantire la sicurezza.

C’è poco da fare, se si vuole evitare il peggio non resta che rompere gli indugi e mettere piede su suolo libico per garantire con le nostre armi la sicurezza degli hotspot e dei campi di raccolta migranti. Solo tirando fuori i poveri cristi dalla partita interna giocata tra Khalifa Haftar e Fayez al-Sarraj si mette in sicurezza la frontiera italiana. Nostri militari in Libia ci sono già, si tratta di rafforzare il contingente operativo della Missione bilaterale di assistenza e supporto (Miasit). Occorre un consenso internazionale? E la tanto strombazzata amicizia con l’Amministrazione di Washington a cosa serve? Il premier Giuseppe Conte prenda il telefono e chiami il suo amico Donald Trump e gli chieda una copertura politica e militare all’iniziativa umanitaria di mettere a riparo i migranti in Libia dagli effetti della guerra civile. Se sono questi gli intendimenti contenuti nelle carte segrete della ministra della Difesa, ci sentiamo tranquillizzati. Ma se non dovesse essere così, se le annunciate “misure di sorveglianza speciale” dovessero essere l’ennesimo camuffamento di una politica dell’accoglienza illimitata che resta nelle corde profonde di una parte del Movimento grillino, allora Salvini esca dall’impasse e pretenda il rimpasto con tanto di licenziamento ad horas della signora Elisabetta Trenta. Ci sono decisioni in politica che prima le si prende e meglio è per tutti.

Aggiornato il 09 luglio 2019 alle ore 10:33