Fuzio, vado via, anzi no

Il dottor Riccardo Fuzio, Procuratore Generale della Cassazione si è dimesso chiedendo il prepensionamento. Anzi, no. Non si è dimesso e non ha chiesto alcun prepensionamento. Ha solo annunciato che si dimetterà il 20 novembre prossimo e che solo allora sarà un pensionato.

Ma come? Solo un mese fa, quando sulla graticola friggeva l’onorevole Armando Siri, sottosegretario del ministro Danilo Toninelli, allorché questi annunciò che si sarebbe dimesso soltanto dopo 15 giorni, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, facendosi interprete di un coro unanime di grillini e di osservatori pieni di saggezza, sentenziò: le dimissioni o si danno o non si danno!

E Siri si affrettò perciò a darle subito, per non sentirsi accusare di averle solo annunciate. Fuzio evidentemente non ha di questi scrupoli, forse perché il suo annuncio è stato accolto con parole di grande encomio ed apprezzamento da parte di tutti, perfino dal Capo dello Stato.

Leggendo i giornali, si vedrà che le più alte cariche istituzionali hanno fatto a gara nel lodare la decisione di Fuzio, esaltandone l’alto senso di responsabilità e il rigore personale e altre cose del genere.

Ma possibile ? Vero? Sì. Possibile e vero. Sembra una comparsata teatrale e invece è la pura verità.

Lodano Fuzio perché ha annunciato che se ne andrà fra quasi cinque mesi, nonostante pare che presso la Procura di Perugia egli sia indagato per rivelazione di segreti d’ufficio, a favore del dott. Palamara, a sua volta indagato per corruzione.

E come farà Fuzio in questi cinque mesi a perpetuare la sua presenza in Cassazione e al Csm come nulla fosse?

Si dice dai benpensanti che bisognava posticipare le sue dimissioni per consentire agli organismi cui egli è preposto di funzionare in modo normale, fino alla nomina del suo sostituto: in particolare alla Cassazione ove egli è titolare dell’azione disciplinare e al CSM ove egli fa parte della sezione disciplinare.

Sciocchezze.

Innanzitutto, il titolare dell’azione disciplinare non è soltanto il Procuratore Generale della Cassazione, ma anche il ministro della Giustizia. E allora, che male ci sarebbe se, per tre o quattro mesi, rimanesse il solo, invece di dividere il compito con lui? Anzi. Ci sarebbe solo del bene e non del male. Infatti, come faccia Fuzio a ritenersi credibile e legittimato nell’aver esercitato l’azione disciplinare verso Luca Palamara – e verso altri magistrati con lui coinvolti – quando è lui medesimo sospettato di avergli rivelato notizie riservate sul suo procedimento, non si capisce proprio. E come faccia a ritenersi credibile e legittimato, se penserà in questi mesi di esercitarla verso altri colleghi, si capisce ancor meno. Dubito lo capisca lo stesso Fuzio. A latitare forse è il senso del pudore, per non dire del ridicolo: altro che senso delle istituzioni, di cui ciarlano molti.

In secondo luogo, Fuzio potrebbe benissimo essere sostituito quale componente della Sezione disciplinare del Csm da un Procuratore Aggiunto della Cassazione o, in alternativa, la Sezione potrebbe, per il tempo strettamente necessario alla nomina del sostituto, fare a meno di lui: come accadrebbe se fosse impedito, per esempio, da ragioni di salute o da altri ostacoli non dipendenti dalla sua volontà.

Si tratta di ben noti principi di diritto amministrativo che vanno applicati per consentire il normale funzionamento di un organo collegiale, in caso di impedimento di uno dei suoi componenti e che vengono infatti seguiti in decine di casi in ogni pubblico ufficio. E invece qui no. Qui Fuzio rimane assiso sulla sua poltrona, inamovibile fino al 20 novembre, qualunque cosa accada.

Ma non ci sono esseri pensanti – nascosti da qualche parte – che si chiedano perché? Nessuno che se ne meravigli? Nessuno che ne chieda conto?

E allora lo dico io, dalle pagine di questo giornale benemerito di Arturo Diaconale. La cosa non funziona affatto. Fuzio deve andarsene subito. Per semplice senso del decoro istituzionale, che, al contrario di quanto asserito dai soliti benpensanti, non occorre sia particolarmente “alto”: può bastare anche “basso”, purché sufficiente a farlo sentire in imbarazzo e non credibile nel proseguire la sua funzione.

Anzi. Se avesse nutrito senso del decoro istituzionale, avrebbe dovuto evitare di incolpare Palamara per quei comportamenti spregiudicati che egli stesso aveva conosciuto in privato e ai quali , forse indirettamente, aveva partecipato.

Egli non era, insomma, “senza peccato” e perciò non poteva scagliare la prima pietra. E invece pare che Fuzio ci provi gusto a scagliare pietre, forse illudendosi che accusare altri possa servire a scagionare se stessi. Non sempre funziona così: anzi, a volte la pietra torna indietro a colpire chi ebbe a lanciarla come fosse un boomerang: il che è esattamente ciò che è accaduto. Ma lui sembra non capirlo. Che qualcuno glielo spieghi. Per decoro.

Aggiornato il 08 luglio 2019 alle ore 12:57