Salvini, prudenza coi muri

mercoledì 3 luglio 2019


Diciamocelo ancora una volta: le Ong, in genere, non salvano vite umane e, spesso, danno l’impressione di mettere gli immigrati (più o meno intenzionalmente) in pericolo finendo (anche qui più o meno consapevolmente) di favorire la migrazione.

Non è soltanto una faccenda politica ma anche e soprattutto mediatica (come la politica, del resto) nella misura e nei modi con cui, vedi il caso Carola-Sea-Watch, una vicenda del genere, di per sé ghiotta per il sistema massmediatico, sfrutta inevitabilmente un rischio da non poco in funzione proprio della sua narrazione che, come in qualsiasi film d’antan (ma anche di oggi, per non dire della tv), prevede i buoni da un lato e i cattivi dall’altro con un mezzo l’eroe, pardon, l’eroina che si libra sul cielo alto delle soluzioni (im)possibili e, intanto, l’audience s’impenna.

Intendiamoci: la solidarietà non può e non deve finire mai a latere di questi eventi anche per un Paese come il nostro che storicamente ha vissuto il dramma migratorio di prima con le urgenze analoghe e capovolte di oggi nelle quali è comunque impossibile scorgere uno sfondo di puro egoismo.

Lo stesso atteggiamento di Matteo Salvini e le sue prese di posizione a proposito non erano e non sono imprevedibili; semmai, l’imprevedibilità per dir così salviniana riguarda quel mitico Movimento 5 Stelle che, come ognun ricorda, aveva tuonato proprio contro i respingimenti dei governi precedenti portati alla (loro) sbarra non solo per l’endemica corruzione ma, appunto, per l’indifferenza colpevole nei riguardi dei migranti, esuli, cacciati dalla Libia e dall’Africa. Prima. E adesso?

L’andata al governo grillino – grazie anche e soprattutto all’intuito di Salvini nel silenzio propositivo di ciò che resta del leggendario centrodestra e con un’opposizione del Pd nella quale è praticamente impossibile, al di là degli slogan, scorgervi una progettualità degna di questo nome – ha disvelato le loro giravolte con un fondo di irresponsabilità cui la demagogia aggiunge, se ce ne fosse bisogno, un surplus di mancanze, a cominciare da qualsiasi ipotesi propositiva e fattuale non solo e non tanto lasciandosi trascinare, a parte rare eccezioni, dal salvinismo prima di lotta e ora di governo. Anche nei confronti della Ue.

Per carità, era ed è noto il non europeismo del leader leghista che, tuttavia, proviene, a differenza degli alleati a Palazzo Chigi, da esperienze governative condotte in modi significativi e dalla verificata e verificabile capacità amministrativa nelle regioni del Nord, in attesa, come i maligni osservano, delle vicine conseguenze da un meridione dove si sta sviluppando una Lega a trazione “sudista” in una sorta di rovesciamento per dir così progettuale di un Salvini che ha sempre preferito giocare in casa, non gradendo incarichi comunitari e restando proverbialmente “fedele all’essere primo nel villaggio che secondo o terzo nella metropoli”.

In questo quadro, il sostanziale antieuropeismo salviniano evidenzia bensì le non poche e oggettive lamentele nei confronti dell’Europa e di alcuni partners, in primis del duo franco-tedesco, ma non può nascondere, anche a se stesso, da una lato le opportunità e il ruolo del suo e nostro Paese da quando siamo in regime euro, dall’altro la crescita complessiva con lo sviluppo della nostra industria manifatturiera, con la forza della nostra tecnologia, civile e militare, con la presenza italiana in settori fondamentali dell’economia e non solo, basti pensare alla sanità in cui la farmaceutica è prima in Europa davanti alla Germania. In questo senso, l’idea del Presidente della Ragione Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, di costruire un muro di 250 chilometri circa tra l’Italia e la Slovenia sembra molto più una battuta da bar sport piuttosto che un’ipotesi di governo nel quale, semmai, l’area dei Balcani dovrebbe essere oggetto di una strategia progettuale per esercitarvi un’influenza degna di questo nome senza mai dimenticare strategie e complementarietà connesse.

Sarà pur vero che Salvini non si è espresso “politicamente” a favore della proposta leghista del muro, ma non meno vero è che le sue simpatie vanno in una direzione del genere sulla quale, peraltro, non sembra del tutto concordare il premier Giuseppe Conte che, nei suoi tour europei, si sta rendendo conto che l’Italia potrebbe avere ottime possibilità con un ruolo di non poco conto nel giro dei due grandi che dirigono le danze a Bruxelles.

Matteo Salvini, come è stato osservato da più parti, si lancia in una sorta di day-by-day a favore dei media mostrando indifferenza se non ostilità ai nostri alleati europei e non nascondendo l’antica e attuale amicizia con Vladimir Putin, e comunque senza aver mai partecipato alle riunioni dei ministri degli Interni della comunità, col rischio che i suoi calci negli stinchi ci vengano restituiti.

Non è un problemi di muri. È la politica.


di Paolo Pillitteri