Avanza inesorabile il partito della realtà

Come ampiamente riportato dai mezzi d’informazione, la Commissione europea ha concesso un’altra settimana di tempo all’Italia per consentire al Governo pentaleghista di produrre elementi validi al fine di scongiurare la temuta procedura d’infrazione per debito eccessivo.

Ma da ciò che il vero capo dell’Esecutivo giallo-verde, Matteo Salvini, continua a dichiarare, rilanciando di fatto la posta sul piano delle misure da realizzare in deficit, non c’è da farsi molte illusioni. D’altro canto, di fronte ad un Paese che non cresce, nell’ambito di annosi problemi sistemici che lo affliggono quasi irrimediabilmente, sarà ben difficile che gli altri 27 partner della Comunità possano tollerare ciò che a nessun altro è stato consentito di fare. Anche perché le previsioni dei maggiori istituti internazionali segnalano che pure nel 2020 resteremo il fanalino di coda dell’Ue. Secondo un fresco rapporto dello European Fiscal Board, organismo di consulenza delle politiche di bilancio di Bruxelles, l’anno prossimo il Pil italiano crescerà meno della metà della media dell’area euro, mentre il tasso di disoccupazione rimarrà ben al di sopra dei livelli pre-crisi.

E se per il 2019 si riuscirà, raschiando letteralmente il fondo del barile delle aziende partecipate e della Banca d’Italia (si sta infatti pensando di saccheggiare i dividendi delle aziende medesime e di assaltare le riserve auree di Palazzo Koch), a restare miracolosamente nei limiti di un disavanzo del 2,1 per cento, così come si sforza di rassicurare un sempre più disperato Giovanni Tria, le prospettive per i prossimi anni appaiono catastrofiche. Se, infatti, dovesse prevalere ancora per qualche tempo la stessa linea economica che, in soldoni, ha portato il debito pubblico verso una traiettoria insostenibile, attraverso aumenti di spesa corrente e promesse di abbattimenti fiscali in deficit, con tanto di demenziale salario minimo grillesco a dare il colpo di grazia, né una Europa diventata provvidenzialmente benevola e né chiunque altro potranno salvarci da una inevitabile, quanto risolutiva tempesta finanziaria.

Su questo aspetto, tuttavia, dalle parti della maggioranza, comprese le tante grancasse mediatiche di riferimento, ci si continua a cullare nell’illusione del cosiddetto “too big to fail”; ossia la, a mio avviso sopravvalutata, considerazione secondo la quale saremmo troppo grandi per farci fallire.

Invece io, più modestamente, penso che perseverare nel tirar la corda di una palese irresponsabilità nei conti pubblici, facendo marameo a chi ti fornisce da due decenni una sorta di ombrello nei confronti della speculazione internazionale, non può che farla spezzare, la medesima corda. Poi seriamente i pagliacceschi minibot dei nostri sovranisti monetari diverranno l’unica àncora di salvataggio per un Paese di inguaribili sognatori.

Aggiornato il 27 giugno 2019 alle ore 10:49