Le regole di Pulcinella

Nel disperato tentativo di scongiurare la grave minaccia di una procedura d’infrazione, il premier Giuseppe Conte ha inviato una bella letterina alla Commissione europea priva di contenuti sostanziali. Ciò in assoluta aderenza col suo scarsissimo peso politico all’interno dell’Esecutivo giallo-verde.

Tra le edificanti intenzioni espresse dall’avvocato del popolo, vi è l’auspicio di una nuova fase costituente la quale, in soldoni, dovrebbe riscrivere le regole comuni. E, proprio sul tema delle medesime regole “da cambiare”, si registra anche in questi giorni l’ennesima, desolante convergenza di tutte o quasi le forze politiche in campo.

Soprattutto i rappresentanti dell’opposizione, letteralmente terrorizzati dalla prospettiva di un ulteriore calo dei propri consensi, si guardano bene dal mettere radicalmente in discussione questa colossale balla sulle regole che viene raccontata a partire dalla crisi del 2011. E mentre Matteo Salvini, vero dominus del Governo in carica, non si fa alcuno scrupolo nello sbattere in faccia agli altri 27 partner continentali il suo programma fantascientifico sulla riduzione in deficit delle imposte dirette, i suoi avversari del momento ne criticano la linea economica, ma ribadendo l’ipocrita necessità di cambiare queste benedette regole.

In tal modo, così come accadde a quella sorta di grillino civile che cercava di essere Matteo Renzi, il quale così facendo regalò milioni di consensi al Movimento 5 Stelle, non si fa altro che portare acqua al mulino di chi sta lucrando milioni di voti sul comodo capro espiatorio dei cosiddetti burocrati di Bruxelles.

In pratica, avvalorando in maniera del tutto generica l’opzione della riforma dei trattati relativi alla materia economico-finanziaria, si ingenerano nel nostro elettore medio almeno due falsi presupposti. Il primo che l’Europa, intesa appunto come oscura entità burocratica, ci stia sottraendo indebitamente grandi risorse. Il secondo, quale conseguenza di ciò, che solo abbattendo le presunte regole che ci ingabbiano potremmo tornare a crescere. Ovviamente, impostato così il dibattito pubblico, appare del tutto scontato che la maggioranza di un popolo più che confuso sulle questioni economiche e finanziarie si affidi all’ultimo salvatore della patria sulla scena.

Se, al contrario, qualcuno avesse il coraggio di spiegare che le tanto bistrattate regole europee rappresentano, segnatamente per l’Italia dei debiti, un formidabile ombrello contro la speculazione, forse la percezione popolare della questione potrebbe sensibilmente modificarsi. Così come, se venisse alla superficie del dibattito politico l’importanza per noi del vincolo esterno, che tali regole realizzano, probabilmente ci si penserebbe due volte prima di bersi le tossiche pozioni di questo o quel demagogo di turno. E da tale punto di vista, una opposizione che abbraccia strumentalmente l’idea che comunque sia i problemi di fondo stanno a Bruxelles, quando anche i sassi sanno che è vero il contrario, non svolge appieno il suo ruolo, facendosi corresponsabile dello sfascio nazionale. Mentre ad incaricarsi del compito di sbugiardare le tesi di chi pensa di risollevare la nostra economia a colpi di nuovi prestiti, mandando fuori traiettoria la sostenibilità del debito sovrano, ancora una volta, ahinoi, dovrà essere la dura realtà dei fatti.

Aggiornato il 21 giugno 2019 alle ore 11:12