Italia fra immigrati, rifugiati e incapaci

È vero ma non ci credo, come si diceva una volta, ridendo e scherzando. Oggi che le cose sono un po’ più serie, c’è poco da scherzare, e tanto meno da ridere. Come ricorda il nostro direttore, c’è da rimanere “basiti” di fronte ai non pochi problemi (falsi) sventolati da chi ci governa, specialmente a proposito delle vicende libiche. Ma anche uno sguardo alle faccende governative non può non suscitare qualche riflessione. Più che da ridere, da non dimenticare, in politica.

Vicende della Libia, non solo o non tanto drammatiche in sé come per qualsiasi guerra civile, quanto, soprattutto, per la sostanziale assenza, l’inconsistenza, i silenzi e i vorrei ma non posso di una compagine governativa di cui si ricorderanno le polemiche ridotte a diatribe mediatiche, le divisioni riassunte in un prêt-à-porter televisivo con uno dei due “vice” che si sveste e si veste (cambiando pure la divisa, se del caso) offrendo primi piani di braccia robuste e di volti compresi. E di parole, tante, troppe parole. Sullo sfondo di una Libia avvolta da fiamme – sulle quali nessun pompiere italico s’è degnato di versare dell’acqua diplomatica – imperversa da giorni un dibattito che, si badi bene, non ruota intorno all’antiqua quaestio: guerra o pace, ma fra immigrati e rifugiati.

Proprio così: non è vero ma ci devo credere, non fosse altro perché, stando alle ultimissime dichiarazioni di uno dei due contendenti in Libia, potrebbero essere circa ottocentomila quelli del Paese costretti a lasciarlo in cerca di rifugio. Anche da noi. Per carità, la tragedia libica ha tanti colpevoli e responsabili e fra costoro il ruolo degli italiani non è primario sol che si pensi ai giochi o giochini del Premier francese che in queste ore e nelle prossime, con l’incendio di Notre-Dame, ha e avrà sempre meno tempo da dedicare. Ma il problema dei rifugiati-immigrati-profughi prossimi venturi resta, insieme alla considerazione che poco o nulla si è fatto nel prevenirne gli effetti, nel suggerire iniziative degne di questo nome, nell’intraprendere azioni anche internazionali .

Cosicché, ora, si nutre la speranza – come avrebbe ironizzato l’indimenticabile Giuseppe Ciarrapico – che alle tante chiacchiere fin qui offerteci, segua una qualche proposta vera e seria al di là delle sostanziali velleità non a caso diffuse dal leggendario “Contratto” a due, nel quale, ad ogni buon conto, non può non intravedersi quella derivazione giacobina che ha riempito d’orgoglio i pentastellati svuotandoli, quasi sempre, di risorse e progetti non solo ad hoc, ma, soprattutto, nei confronti della stessa azione governativa.

In realtà, il capovolgimento delle (enormi) promesse elettorali nella (modesta) fattualità del day-by-day da Palazzo Chigi non è infrequente, sia a destra che al centro che a sinistra. Ma nel caso in questione assume caratteri a loro modo indicativi e suggestivi di quanto il populismo sotto braccio alla demagogia e coniugato con l’uso dei social network consista nelle declamazioni pro domo (elettorale) sua e nelle susseguenti manifestazioni di vera e propria incapacità di governo e sullo sfondo di una latitanza programmatica nascosta dall’impeto mediatico e, soprattutto, dalla mancanza di una opposizione degna di questa nome.

Se è infatti difficile intravedere nel zingarettismo una risposta forte e incisiva alla maggioranza, risulta non poco ostica l’osservazione e la conseguente risposta a proposito dell’opposizione di una Forza Italia nella quale non sarebbe difficile comunque l’assunzione di un “No!” (col punto esclamativo) non solo allo straparlare pentastellato, ma alle stesse posizioni di un Matteo Salvini del quale, invece, si reclama proprio quell’alleanza che da lui stesso è stata buttata al macero e che è posta in discussione, sia pure con allusioni, proprio dal leader forzista nella misura e nella determinazione di una cattura sistematica di personaggi già berlusconiani e collocati, per ora, nell’orbita, peraltro in crescita, di Giorgia Meloni.

Come si dice ora: non è vero, ma ci credo. E dopo?

Aggiornato il 18 aprile 2019 alle ore 10:08