Un reddito di cittadinanza che fotografa il Paese

Intendiamoci: non siamo e saremo noi a mettere ulteriori parole alle troppe che i governanti, soprattutto di oggi, aggiungono ai discorsi di prammatica politica. Il fatto è che una sorta di riassunto del cosa fatto (governativo) e cosa resta da fare sembra come necessario se non obbligatorio al punto in cui sono arrivate le cose (poche) sia messe in cantiere che realizzate.

Parliamo soprattutto del duo Salvini-Di Maio, detto non a caso la coppia (politica) del secolo che imperversa da mane a sera, sol che si pensi da un lato ai social gremiti quotidianamente di promesse, esclamazioni, inaugurazioni e cosette varie, dall’altro alle televisioni, più o meno di Stato, che replicano quasi all’infinito le immagini e le dichiarazioni in un turbinio di sequenze, scene, stacchi e nuovi inizi sì da comporre il nuovo affresco della quotidianità di una Polis mai stanca.

Certo, qualcosa sta succedendo nel senso e nella misura di scelte lasciate cadere su un Paese che, volente o nolente, sta verificando l’anabasi del day-by-day mediatico. Come, ad esempio, quel reddito di cittadinanza (in attesa della tassa piatta) che ha fotografato la reale composizione socio-economico-politica italiana grazie ai dati che emergono dal primo censimento sulle oltre 800mila istanze complessive per conquistare il nostro sussidio. Solo da Napoli sono arrivate per il reddito di cittadinanza più domande che da tutta la Lombardia ed una richiesta su tre proviene da due regioni: Campania e Sicilia. Si tratterà di verificare da parte dell’Inps la quantità di queste istanze da accogliere e c’è la stima di esperti secondo cui almeno il 20-25 per cento possa essere respinto, anche se i numeri ufficiali testimoniano la conferma delle previsioni iniziali sulla distribuzione del beneficio destinato alle famiglie in condizioni di disagio.

E le reazioni dei due vicepresidenti del Consiglio?

Matteo Salvini manifesta una sorta di scetticismo a proposito di una scelta che di certo non ha digerito ma che ha comunque assunto e deciso, ben sapendo peraltro che non sarebbe stata molto gradita al suo elettorato del Nord. E se l’è cavata, almeno per ora, con una battuta: “Il reddito è una scommessa, vediamo se davvero aiuterà a trovare lavoro o se incentiverà invece a restare lì in attesa di qualcosa: saranno i fatti a dirlo”. I fatti, appunto.

Di tutt’altro tono le dichiarazioni di Luigi Di Maio che, pure, assicura che in un mese e mezzo si può fare la selezione dei navigator e quindi i navigator possono diventare operativi mentre sono più veloci i tempi per l’erogazione del primo assegno: entro il 15 aprile le risposte dell’Inps e ai primi di maggio l’inizio dei pagamenti attraverso la Rdc card che potrà essere ritirata negli uffici postali.

Ma se dal reddito di cittadinanza proviene una fotografia dell’Italia, è altrettanto probabile che dalla flat tax deriveranno altre questioni per così dire interne a questa più o meno stabile maggioranza col coinvolgimento del duo di cui sopra che, particolarmente a parole, viaggiando da un meeting all’altro (Vinitaly, ecc.) e correndo da una tv (Fazio) all’altra (Giletti) va sbandierando pro domo sua, ovvero con diverse se non opposte motivazioni, la bandiera fiscale nella manovra 2019 che, allo stato, ha una prevalenza dell’impronta pentastellata con al centro quel reddito di cittadinanza sventolato come un vessillo anche in previsione delle vicine elezioni europee. Interessante, a tal proposito, l’ennesima dichiarazione di Luigi Di Maio: “La flat tax significa abbassamento delle tasse per il ceto medio... la flat tax deve entrare nel Def, ma non se aiuta i ricchi. Deve esserci una minima progressività che aiuta il ceto medio”.

Resta comunque da capire se, dopo passerelle e passaggi social, media e tv, un leader come Salvini, che ha puntato tutto sulle detassazioni facendo il pieno di voti da parte delle stesse élite imprenditoriali del Nord, possa chiedere e soprattutto ottenere consensi. Non facili, comunque.

Aggiornato il 11 aprile 2019 alle ore 09:59