Un tempo, neppure eccessivamente lontano, c’era un’espressione attribuita all’ipocrita e supponente misericordia borghese verso gli affamati della plebe. Una frase che accompagnava il gesto di un’avara elemosina: “Tenete, buon uomo, e non ve li bevete tutti”. Il danno d’esser tenuti in uno stato di miseria subumana e la beffa di quel grottesco consiglio di una temperanza assai difficilmente violabile. Al contempo sembrava che con quelle crudeli parole gli ipocriti signori e signore di una borghesia egoista intendevano salvarsi dal peccato di complicità in impossibili sregolatezze di quei poveracci.

Così, in un secolo, oramai in cui l’elemosina pare si debba chiamare “solidarietà”, si è finiti con il “reddito di cittadinanza”. Ho già scritto che parlare di “cittadinanza” è un inganno e che nulla è rimasto della pretesa di assicurare dignità e decoro sociale a chi, in base ai complicati marchingegni della legge, finirà per incassare qualcosa.

Difficile dire “meglio che niente” quando quel “qualcosa” è solo, o quasi, il suggello della miseria e, nel complesso meccanismo dell’economia probabilmente porta con sé fenomeni che peggiorano la situazione dei “beneficiari” e non solo di essi, poiché, gira e rigira con articoli, commi, esclusioni, limiti, prove, interpretazioni molti degli illusi rimarranno letteralmente a bocca asciutta, e si dovrà magari parlarsi presto di “danno”.

Ma al danno, comunque consistente nella delusione di chi ha creduto di diventare presto un “reddituario” si aggiunge la beffa. Se ho ben capito, per quel tanto del decreto legge che è stato reso noto, ai “reddituari”, che, magari si erano illusi che avrebbero “campato di rendita” è arrivata anche la beffa. Della rendita, che è piuttosto un’elemosina non potranno spendere che cento euro al mese. Il resto? Resterà nelle casse delle banche, almeno in teoria, per pagare i debiti dei beneficiari. Cioè resterà, magari, in quelle dello Stato. Un bel modo di assicurare la “copertura di bilanci” delle spese: dire di farle e non farle.

Come definire questo risparmio forzoso imposto ai poveracci, ai “reddituari cittadini”, che dovrebbero cavarsela con gli spiccioli cui è ridotto il pomposo “reddito” di cittadinanza (elargito, peraltro, anche ai non cittadini, come è giusto per ogni elemosina)? Come definire questo dare e non lasciar prendere? Per esser chiari bisogna ritirare fuori quella frase dei caritatevoli signori di una volta: “tenete buon uomo, e non ve li bevete tutti”.

Grazie signori del Governo Lega-Cinque Stelle. Grazie dell’elemosina. “Che Dio ve ne renda merito” (anche se a voi interessa solo che ve ne rendano merito gli elettori gonzi). Lo ripeto ancora una volta. Io poco e male capisco di operazioni finanziarie, di bilanci, di affari e di affarismi. Un po’ più ne so di affaristi. Come tutti gli ignoranti sono sospettoso. Ho quindi il sospetto, che non credo sia proprio infondato, che con questo reddito ex di cittadinanza un reddito vero, consistente finiscano per beccarselo le banche cui sono affidate tantissime operazioni, con questi giochetti di elemosine capitalizzate o destinate a fini prestabiliti, perché i poveracci “non se li bevano tutti”. Se non tutti se li berranno, una parte notevole, temo, le banche. Non oso dire in loro nome: “Che Dio ve ne renda merito”. Non sono credente, ma deploro la bestemmia.

Aggiornato il 21 gennaio 2019 alle ore 13:41