Assalto al Parlamento (ipotesi di un appello in sua difesa)

Nella prima seduta della Camera dei deputati dopo la “marcia su Roma”, Benito Mussolini volle marcare il suo sprezzo per il Parlamento con la famosa frase: “Avrei potuto fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco per le mie camicie nere”. Solo Modigliani, deputato socialista gli gridò: “Viva il Parlamento”.

Purtroppo non solo quel grido disperato non fu seguito da un coro, ma Enrico De Nicola, Presidente, cui il futuro riservava di essere il primo Presidente della Repubblica Italiana, e che poi fu il primo Presidente della Corte costituzionale, lo richiamò con l’altrettanto nota, ipocrita frase: “Onorevole Modigliani, lasci parlare il Presidente del Consiglio”.

Sono tanti oggi che, con “saggia moderazione”, ammoniscono quanti (sempre troppo pochi) che di fronte alle efferate scempiaggini e agli autentici atti di sopraffazione di un Presidente che non vale un Fico secco e di una maggioranza lanciata in un vortice di sbaraglio devastante, ci ammoniscono, non meno ipocritamente di Enrico De Nicola: “Lasciate parlare, lasciate sgovernare questi sciagurati”.

In realtà siamo in pochi a protestare e denunciare, oltre i provvedimenti balordi, il fatto in sé dello sprezzo e della devastazione delle Istituzioni ed a suonar l’allarme per preannunziarti veri e propri gesti di vandalismo istituzionale dell’antipolitica militante agli ordini di un comico e di quattro ignoranti presuntuosi.

A voler insistere sul richiamo al pauroso precedente del 1922, potremmo cominciare da un altro Presidente, quello della Repubblica, che, nel procedimento per l’investitura del nuovo Governo, in fondo ha dato prova di una pericolosa prudenza ad un suo “lasciate parlare”… questi energumeni.

Nei mesi che separano la chilometrica, assurda ed incostituzionale sarabanda per la formazione del Governo Di Maio-Salvini (incaricati di incaricare qualcuno a formare il Governo etc. etc.) dalla approvazione della “manovra” e del relativo bilancio, a parte i provvedimenti persecutori degli ex parlamentari con il taglio dei loro vitalizi, il Parlamento è stato assalito con una pioggia di decreti-legge fatta cadere in violazione e spregio del principio costituzionale che limita il ricorso a tale strumento normativo ai casi di “urgenza e necessità” (smentito, spesso, proprio dalla previsione di un’entrata in vigore assai dilazionata).

Proprio nei giorni scorsi sono state rese pubbliche le statistiche allarmanti di tale trasferimento di fatto al Governo (anche se da definire “sgoverno” e da considerare cha ha in sé una spaccatura clamorosa, che si ricompatta solo per maltrattare la Costituzione) del potere legislativo. Le discussioni in Parlamento sono ridotte ad una loro caricatura. Del tutto inascoltate le opposizioni (per quel tanto che si sono fatte vive). Respinti con criteri pregiudiziali gli emendamenti. Il Parlamento ha lavorato, si può dire, solo per dar prova della propria inutilità. Inutilità confermata, poi, dai provvedimenti interni del Movimento 5 Stelle con l’espulsione dei responsabili del delitto di dissenso (poco importa quale…).

Le vicende della “manovra” sono tali da denunciare uno scavalcamento ed una messa in quiescenza del Parlamento già consumati. E la reazione del Presidente della Repubblica, nella compostezza del suo tono, checché ne dicano i commentatori abituali apologeti del Quirinale, ricorda, come abbiamo già accennato, troppo facilmente l’atteggiamento di De Nicola, Presidente della Camera, di un secolo fa. Ma assai più gravi sono i progetti che stanno per essere messi sul tappeto. Anzitutto il “referendum propositivo” di cui il progetto esclude la necessità di un “quorum” dei votanti per sancirne la rilevanza del voto o la ridicolizza. Esso sarebbe la fine della democrazia e il trionfo di un’anarchia di gruppi rissosi ed ignoranti. Per non parlare dell’attribuzione alla Corte costituzionale di un potere senza ragionevoli limiti.

Incombe sempre, con il consenso di Berlusconi, il proposito di introdurre, con modifica costituzionale, il “mandato imperativo”; sistema che, poi, di imperativo ha la funzione dei padroni dei partiti, non il mandato degli elettori già demolito dal sistema elettorale.

Aggiungete il quotidiano dileggio cui gran parte della classe politica, che in tale Istituzione è espressa, e il quadro è completo. Cosa resta della funzione e del prestigio del Parlamento? Checché ne pensino alcuni nostri amici che a suo tempo caddero nella rete del pasticcio, per fortuna riuscito minoritario, della grottesca riforma costituzionale Renzi-Boschi, questo è il secondo assalto alle libere Istituzioni, condotto stavolta, anziché da più o meno raffinati e complicati populisti aspiranti tagliatori dell’erba sotto i piedi di Beppe Grillo, degli stessi dichiarati populisti, dalle orde stesse dei barbari. Evviva il Parlamento!

Non abbia questo grido il tono e la sorte sconsolata e disgraziata di quello di Modigliani. Evviva, cioè viva e sappia vivere. Sappiamolo far vivere.

P.S. - Io non ho certo l’autorità intellettuale per farmi promotore di un appello agli Italiani che hanno fede nella ragione, nelle libere Istituzioni e nei principi fondamentali della Costituzione che li affermano e dovrebbero salvaguardarli, perché si uniscano e facciano quadrato nella difesa del Parlamento. Né ho l’autorità ed il peso per un adeguato suggerimento a chi ha tale autorità perché se ne faccia promotore. Ma l’autorità delle ragioni e della ragione non ha bisogno di “promotori” e di garanti. A tutti gli amici, almeno a loro, esprimo solo la mia speranza che mi sia risparmiato il rammarico delle cadute nel vuoto della loro indifferenza di questa mia idea.

Aggiornato il 11 gennaio 2019 alle ore 11:27