Bruxelles pronta a benedire la Legge di Bilancio

Da Bruxelles arriva una mezza fumata bianca. Da quanto è emerso ieri sera, c’è l’accordo tra il premier Giuseppe Conte e i vertici della Commissione europea sulla manovra di Bilancio rettificata. D’altro canto, come pensare che sarebbe andata diversamente? Per come si stanno mettendo le cose in Europa una rottura con il Governo di Roma sui conti pubblici, Jean-Claude Juncker e soci non se la sarebbero potuta permettere. A maggior ragione adesso che la Commissione deve prepararsi a schivare due tegole particolarmente pericolose: lo scoppio della rabbia sociale in Francia e il possibile naufragio del negoziato con la Gran Bretagna sulla Brexit. Probabilmente non hanno torto quei commentatori che hanno visto nei recenti eventi francesi un insperato colpo di fortuna per il Governo giallo-blu.

Con un Emmanuel Macron che, per fronteggiare il malessere dei suoi concittadini, si predispone a uno sforamento dei parametri di Bilancio ben oltre il tetto consentito del 3 per cento, Giuseppe Conte e Giovanni Tria hanno avuto buon gioco a scaricare sui commissari il sospetto di un possibile doppiopesismo nel valutare le posizioni dei due Paesi membri posti sotto osservazione. Anche l’argomento della differente condizione tra l’Italia e la Francia riguardo all’ammontare dei rispettivi debiti pubblici deve essere sembrata poco più di una foglia di fico da utilizzare per nascondere una palese disparità di trattamento. Foglia di fico buona forse in momenti di calma piatta ma non di certo in una fase quale quella odierna che ci avvicina alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo e, soprattutto, che vede un interessatissimo Donald Trump pronto a trarre vantaggio dall’emarginazione dell’alleato italiano dal gruppo di testa del temuto fronte unico europeo. Ragion per cui quello che è andato in scena nel pomeriggio di ieri è stato uno confronto-scontro solo apparente. Entrambi gli interlocutori erano in cerca di una soluzione che consentisse a tutti di salvare la faccia. E pare l’abbiano trovata.

La Commissione può dirsi soddisfatta perché ha costretto il Governo italiano a recedere dalla posizione del 2,4 per cento di Deficit sul Pil, per attestarsi su un più ragionevole 2,04 per cento. La riduzione comporterà un taglio sulle previsioni di spesa di circa 7,5 miliardi. Ma può cantare vittoria anche il Governo giallo-blu che non vede cancellate da Bruxelles le due riforme-bandiera del suo programma politico. Ora, però, c’è da limare gli aspetti tecnici della manovra che, com’è noto, possono celare insidie. Non si dice che il diavolo si nasconda nei dettagli? È una possibilità, ma molto remota dal momento che il “diavolo” al momento ha il suo bel daffare sulla linea Parigi-Londra.

Sul fronte interno, i due partner di Governo, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, non è che facciano salti di gioia per l’accordo abbozzato a Bruxelles. Tant’è che Giuseppe Conte, sempre più avvocato-premier, si è dovuto scapicollare a Roma in serata per incontrare a cena i suoi dante causa allo scopo di convincerli di ciò che un qualsiasi studente di giurisprudenza impara già al primo anno di permanenza all’università, e cioè che un brutto accordo è sempre preferibile a una causa vinta. Se i due dioscuri del Governo non l’hanno compreso immediatamente, non impiegheranno tempo a capire che la chiusura del contenzioso con Bruxelles è il salvacondotto per restare saldamente al timone della nazione, di sicuro oltre il passaggio elettorale delle europee della primavera prossima. Specularmente, per le opposizioni il lavoro di cesello del duo Conte-Tria suona da campana a morto alle aspirazioni di vedere riaperti i giochi di potere con la rovinosa caduta del bicolore Giallo-blu sotto i colpi di uno spread stellare e del valore del Debito sovrano letteralmente polverizzato.

Una volta archiviata la manovra finanziaria, il Governo dovrà concentrarsi sulla realizzazione delle misure messe a Bilancio. In particolare, dovrà rispondere alla domanda d’investimenti che non viene soltanto dal mondo dell’imprenditoria ma s’impone nella logica stessa del cambiamento propugnato. È inutile girarci intorno: la risposta sulla validità del progetto Giallo-blu ruota intorno alla capacità d’imprimere un’impennata alla crescita. Se quel generoso +1,5 per cento che il Governo ha iscritto a bilancio sarà raggiunto nel corso del 2019, la partita di Salvini e Di Maio potrà considerarsi vinta. Al momento chi mostra di credere nella possibilità che il Governo dei populisti e sovranisti possa sorprendere in positivo sono i mercati finanziari.

Questa mattina la Borsa apre con il Ftse-Mib a un promettente +1,24 per cento, mentre lo spread è in discesa a 264,20 punti base (rendimento sul decennale 2,94). Oggi, i capi di Stato e di Governo dell’Unione, a Bruxelles per il Consiglio europeo, parleranno di Brexit, di mercato unico, di rinnovo delle sanzioni alla Federazione Russa e di Bilancio pluriennale dell’Unione. C’è da scommettere che non dovranno preoccuparsi di fronteggiare un rappresentante italiano inviperito, pronto a opporre tanti no. In fondo, un Giuseppe Conte più rilassato del solito farà piacere a tutti. Che siano falchi o colombe non fa differenza.

Aggiornato il 13 dicembre 2018 alle ore 09:56