Rieccoli: i vescovi vogliono un loro partito

È dato oramai per sicuro che l’apparato organizzativo cattolico tornerà a mettere in piedi un partito che ne esprima principi e difenda interessi e che sia di sicura obbedienza ai voleri della gerarchia.

Si direbbe che la storia si ripete. Nel secolo XIX: dopo che gli “antichi regimi”, l’assolutismo monarchico, con il sostegno dei Lazzaroni e dei briganti, nei quali fino ad allora la Chiesa di Roma, il Papato espropriato del potere temporale avevano confidato, furono sconfitti e ciò apparve definitivo, la Chiesa pose mano ad una organizzazione dei Cattolici da far agire e pesare sul piano della nuova politica. Un lavoro, nel nuovo regime, non senza incertezze che durò decenni e venne alla luce dopo la Prima guerra mondiale, quando lo Stato liberale apparve esausto ed incapace di affrontare le nuove correnti socialiste e nazional fasciste.

Oggi, quale che sia l’impronta che vescovi e laici vorranno dare al partito che, a quanto si dice, farà in Calabria i primi suoi passi, l’ombra della Democrazia Cristiana e del suo lungo e travagliato dominio della scena politica italiana nel Dopoguerra avrà un peso ineliminabile in ogni nuova esperienza di intervento diretto dei cattolici (e delle gerarchie della Chiesa) nella vita politica del Paese.

Ed avranno un peso incombente gli eventi di “Mani Pulite”, il modo come lo strapotere dello scudo crociato si dissolse in un baleno. E peserà il recente passato di uno strano ma non sorprendente comportamento della Chiesa, che, non avendo speso nulla o quasi del suo potere per raddrizzare il suo partito e sollevarlo dallo scadimento morale e dalla confusione degli atteggiamenti, nulla di rilevante fece per resistere alla mattanza giudiziaria nella quale si realizzò il “golpe” già in passato da più parti vagheggiato e progettato.

Quanto “Mani Pulite” sia stato progettato e tramato negli stessi ambienti del potere politico della Chiesa, è cosa assai poco sondata e studiata. Ma che un’improvvisa esigenza di distrazione dalla politica italiana abbia con tanto rigore sottratto al potere della vasta, complessa ed opulenta macchina della Chiesa ogni vicenda di quell’improvvisa catastrofe è cosa assai difficile a far digerire anche alle menti più ingenue.

Il fatto è che, dopo aver realizzato lo schiacciamento della cultura e dello spirito liberale nella politica italiana facendo tenaglia con l’altra forza antiliberale, il marxismo, oggi la Chiesa si accorge che la politica e la vita sociale italiana stanno per essere sommerse dai rottami di quella che sembrava dover essere la crociata antiliberale. Non è questa la sede per dimostrare o soltanto esporre le considerazioni sulla lunga, diretta ed indiretta opera di rafforzamento da parte cattolica di un’“antipolitica” che rischia ora di travolgere anche chi l’ha promossa e strumentalizzata.

Ma torniamo a questo che sembra un atto di ravvedimento, il ritorno al “partito dei cattolici”, cioè al riconoscimento che il lungo dominio della Dc e poi un velenoso lavorio di erosione e di distruzione di quello che sembrava il nuovo assetto hanno portato sull’orlo della catastrofe anche coloro che di quelle situazioni e di quegli avvenimenti sono stati almeno corresponsabili. Non è da quella parte che l’Italia ritroverà la forza della ragione e delle ragioni del suo risollevarsi.

Se è vero che nel frattempo la Chiesa ha fatto grandi passi verso un suo inserimento nel mondo moderno, è anche vero che il suo vigore morale e culturale sembrano scaduti anch’essi. Nell’esaltazione dei “preti di strada”, di una teologia che si confonde con la sociologia, accade che, magari, si finisca per parlare di Chiesa e di Pontefice a Cinque Stelle, e sembra che, poi, l’agitarsi tra i rottami ed i liquami del passato resti ciò che più fortemente caratterizza anche quella parte. Spero di sbagliare.

Aggiornato il 13 dicembre 2018 alle ore 09:59