L’errore dell’opposizione

Nonostante l’isolamento in Europa, causato da una contrapposizione più testarda che virtuosa alle istituzioni dell’Unione; nonostante le bordate delle minoranze parlamentari; nonostante le ragionate e ragionevoli critiche della stampa interna e internazionale, il governo e la maggioranza godono del consenso del sessanta per cento degl’Italiani, secondo i sondaggi. Inaspettatamente, bisogna aggiungere, perché le singole misure caratterizzanti l’azione ministeriale non sembrano ottenere altrettanto consenso. Dunque il successo dei due contraenti e del loro avvocato pare appoggiato sul sentimento popolare del provare a cambiare, del rigetto del vecchio assetto, del vediamo che sanno fare questi neofiti. Homines novi: il “partito democratico” si afferma quasi sempre nella storia, pure in quella piccola che ci riguarda adesso, presentandosi nelle vesti dell’innovatore radicale, anche quando il radicalismo assomiglia alla restaurazione piuttosto che all’innovazione.

Gli esempi sono clamorosi, talché non si rischia di passare per puttani e pennivendoli ad evidenziarli. Che c’è d’innovatore nello sprecare soldi pubblici presi a prestito mediante cambiali pubbliche? Che c’è d’innovatore nel voler nazionalizzare attività economiche privatizzate? Che c’è d’innovatore nel conservare in mano pubblica imprese fallimentari? Che c’è d’innovatore nel tornare indietro sulle pensioni future e nel tosare le pensioni passate, creando aspettative e distruggendo l’affidamento? Eppure, il governo è ancora in luna di miele. Molto dipende dal fatto che la Lega ha imposto l’ovvio, cioè che la legge deve essere rispettata, in alto e in basso, e che le piccole illegalità possono dare fastidio come e più delle grandi, e che il senso d’impunità dell’illegalità diffusa, manifesta, tollerata, corrode la fiducia nello Stato, e che la legge e l’ordine sono la base della convivenza civile non già l’esantema dell’infezione fascista. Tutte queste ovvietà sono state colpevolmente ignorate dai partiti che perciò arrancano o sono in picchiata.

Le opposizioni, dall’insediamento del governo, stanno commettendo l’errore di contrastare i partiti di maggioranza enfatizzando in grado parossistico le conseguenze, paventate disastrose, delle misure governative, specialmente economiche. Ma la condotta politica della minoranza, talvolta tanto sguaiata o inutilmente truce quanto proterva o presuntuosa è quella della maggioranza a cui pretende di contrapporsi, non riesce a raccogliere il consenso a cui aspira perché uguale e contraria nella forma, mentre è vaga nel contenuto. Se un capo di partito proclama che darà la felicità al popolo, non è efficace replicargli che invece lo renderà infelice, perché l’essere umano crede più a chi gli promette il bene che a chi gli preconizza il male; ascolta più le lusinghe che la disillusione. Se la politica economica viene magnificata dal governo pur essendo nella migliore ipotesi una scommessa ad alto rischio, l’opposizione non deve criticarla come se fosse il diluvio universale da affrontare senza un’arca solida e capiente. Il popolo appoggia sempre il governo a preferenza e intravede nell’astiosa esagerazione dell’opposizione non già un argomento convincente ma una preconcetta e ingiustificata ostilità. Il popolo non deve’essere solo messo sull’avviso, ma edotto e rassicurato dall’opposizione, e venirne convinto che, al bisogno, potrà contare su una più solida, realistica, sicura politica.

L’opposizione deve essere alternativa, non distruttiva, né nei fatti, né nelle intenzioni, né nelle dichiarazioni. Se impaurisce più del governo, diventa autolesionistica e controproducente, per sé e per la Nazione. Tutte le ragioni dell’opposizione saranno più fruttuose, in voti e in controlli, se prospettate e dimostrate con forza e calma, senza ira e con studio. Per farlo occorrerebbe qualche leader parlamentare autorevole, competente, affidabile. Però il sistema vigente, che non mi stancherò di definire “un’oligarchia temperata dal voto”, è il meno idoneo a selezionarlo.

Aggiornato il 19 novembre 2018 alle ore 10:58