Scompaiono i partiti, emergono differenze antropologiche

Qualche sera fa mi è accaduto di vedere in televisione “Porta a Porta”, ospite Mario Monti. Non ho mai “simpatizzato” per Monti. Dirò, anzi, che certi uomini di alto livello, quale indubbiamente è Monti, che sono disponibili per la politica quando si tratta di occupare il potere, di governare, quando ci sarebbe da fare le barricate, da battersi anche senza domandarsi se e quando si potranno capovolgere storture e situazioni inaccettabili della via sociale, sono figure che, oltre a non attirare le mie simpatie, mi allarmano e provo per esse una sorta di repulsione.

Ascoltavo Monti, il quale sembrava voler confermare certe mie convinzioni. Parlava, manco a dirlo, di economia, di finanza pubblica, di Europa. Ma sembrava voler sottolineare con ogni sua parola che a parlare non era l’uomo politico e che quel che diceva erano insegnamenti da una ipotetica cattedra e che quindi di fronte allo scempio del Paese operato dagli “amici del bar dello sport” che hanno arraffato il potere non c’è da combattere, ma da studiare, e, al più, da non tenere segreto il succo della propria sapienza, la propria superiorità.

Il Monti uomo politico c’era stato, secondo il Monti ospite di Bruno Vespa a “Porta a Porta”, ma ora non c’era più, perché non è mica lui il Presidente del Consiglio, ma un certo, come si chiama, Giuseppe Conte. Detto questo: osservavo il personaggio, il modo di parlare, le espressioni del viso, i gesti. E sono stato preso dallo sgomento. Sissignori. Tutto mi sarei aspettato fuorché di correre il rischio di diventare razzista. Rischio tenue, perché certe cose non accadono da un giorno all’altro, anche di fronte alle evidenze di certi fenomeni. Proprio razzista magari no, ma comunque il dover prendere atto di differenze antropologiche oggettive non posso non ammettere che è sensazione che non ho saputo respingere.

Quello lì, non è solo un’altra persona, rispetto a Matteo Salvini, a Luigi Di Maio, a Danilo Toninelli ed a tante altri che mi dà fastidio anche nominare. Tra Monti, e tanti altri uomini di rilievo che conosco e che ho conosciuto, simpatici, ma anche antipatici e, magari, pericolosi. C’è però una differenza con quelli oggi al Governo che non è di mera “fisionomia”. È una differenza “antropologica”. Non c’è, non voglio che ci sia, una razza di prof. Sen. Mario Monti ed una razza di Toninelli, di Salvini e di Di Maio. Ma che appartengano ad una stessa categoria antropologica, no. Quelli del “bar dello sport” si vedono dalla faccia. Tanto per farmi capire: se un regista cinematografico venisse a presentarci una scena di un “bar dello sport” e dei suoi frequentatori e ci mettesse attori con la faccia ed i modi di Mario Monti (ma anche di tante altre persone di minor rilievo che tutti conosciamo…) diremo che è un somaro.

Scusatemi se questo discorso vi sembrerà strampalato. Pericoloso perché anticipazione del razzismo non lo è affatto! Ma una ineludibile differenza antropologica c’è. Non è differenza razziale. C’è, dunque, da sperare nella prossima generazione.

Aggiornato il 17 ottobre 2018 alle ore 10:12