Il brusco atterraggio degli asini volanti

In questi giorni sembra crescere d’intensità la pressione sul ministro dell’Economia affinché allarghi finalmente i fatidici cordoni della borsa, soprattutto da parte di Luigi Di Maio. L’impressione è che il vicepremier grillino, di fronte al muro impenetrabile rappresentato dalla cruda realtà dei numeri, stia sostanzialmente inscenando una sorta di pantomina per dimostrare al proprio elettorato e alla componente più oltranzista del suo movimento che egli cercherà fino all’ultimo e con ogni mezzo di realizzare, almeno in parte, i punti più qualificanti del programma di Governo, reddito di cittadinanza in testa. Da qui il suo scomposto e continuo pressing operato ai danni di Giovanni Tria il quale, alla bisogna, potrebbe nel futuro prossimo entrare nella lista dei capri espiatori a tutto tondo, insieme all’Europa matrigna, alla cancelliera Angela Merkel e alla spectre finanziaria che manipola i mercati, a cui addebitare la responsabilità del brusco atterraggio d’emergenza imposto dalla stessa realtà agli asini volanti.

D’altro canto, al di là delle chiacchiere in libertà sull’utilizzo disinvolto del disavanzo pubblico, in cui pochi decimali possono fare un grande differenza per l’Italia – checché ne dica il premier di compromesso Giuseppe Conte – occorre sempre ricordare la semplice ma micidiale regoletta non scritta che stabilisce in linea di massima la sostenibilità o meno del nostro colossale debito pubblico. In estrema sintesi, per rassicurare chi ci presta i quattrini a un tasso ragionevole è fondamentale che la crescita nominale del Prodotto interno lordo sia superiore a quella del costo medio del debito pubblico. In caso contrario, così come accadrebbe nella sciagurata eventualità di adottare le misure di finanza allegra invocate dal genio di Pomigliano d’Arco, si innescherebbe quello che gli osservatori più attendibili definiscono “effetto snowball”, ovvero una palla di neve che con il rapido aumento dello spread si trasformerebbe rapidamente in una valanga.

In altri termini, ciò significa che uscendo dal binario della sostenibilità di medio e lungo periodo, che lo stesso ministro Tria ha generosamente fissato nell’1,6 per cento di deficit (sebbene il rallentamento della crescita in atto in Italia consiglierebbe di limitarlo ulteriormente), si innescherebbe un rapido innalzamento dei tassi d’interesse, facendo entrare il sistema in una spirale assolutamente catastrofica.

In pratica, ai miliardi di nuova e assolutamente improduttiva spesa corrente promessi ai suoi elettori creduloni da Luigi Di Maio, se ne aggiungerebbero molti di più sotto a causa dell’inevitabile esplosione dei tassi d’interesse medesimi. Ora, non sappiamo se gli espertoni di cui si avvale il Giggino nazionale gli abbiano spiegato, con tanto di numeri alla mano, che non esiste alcuna alternativa alla linea del blando rigore sostenuta da Tria. Tuttavia una cosa è certa: se non salta in aria la linea delle folli illusioni portata avanti con la forza delle chiacchiere da bar dal capo politico dei grillini, salta in aria l’intero sistema economico-finanziario italiano. Tertium non datur.

Aggiornato il 20 settembre 2018 alle ore 11:58