La “disattenzione” del governo sulle Vie della Seta

Giovanni Tria è reduce da un recente viaggio in Cina. Il ministro dell’Economia a Pechino ha incontrato i vertici del Paese asiatico. Come egli stesso ha dichiarato, la visita ha avuto meramente “un profilo istituzionale. Non era certo finalizzata a cercare compratori dei nostri titoli di Stato”. Dunque, bisogna pensare sia stata un’occasione mancata. Già. Perché l’obiettivo, oltre al canonico confronto istituzionale, avrebbe dovuto assumere un valore propedeutico per costruire un confronto significativo, in ragione della straordinaria opportunità offerta dalle Vie della Seta. Di cosa si tratta? È un’iniziativa strategica della Cina per il miglioramento dei collegamenti tra Paesi dell’Asia e dell’Europa. E, attraverso lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e logistica, l’obiettivo è quello di promuovere il ruolo della Cina nelle relazioni globali, grazie ai flussi d’investimenti internazionali e agli sbocchi commerciali per le produzioni cinesi. La Via della Seta terrestre attraversa l’intera Asia Centrale e arriva dalla Cina fino alla Spagna. La Via marittima costeggia tutta l’Asia Orientale e Meridionale, arrivando fino al Mar Mediterraneo, attraverso il canale di Suez. L’Italia dovrebbe essere coinvolta, in virtù della sua storica rilevanza geopolitica.

In questo quadro, l’ex premier Paolo Gentiloni, dimenticando totalmente il Meridione d’Italia, aveva proposto come piattaforme logistiche i porti di Livorno e Trieste. Si tratta di scelte assolutamente miopi. Perché quelle due città portuali sono prive di retro porti. Per cui è impossibile consentire l’approdo delle merci. A questo punto, è inevitabile chiedersi perché il ministro Tria in Cina non abbia assolutamente affrontato questo tema fondamentale per lo sviluppo del nostro Paese. Più in generale, che posizione assume il nuovo esecutivo gialloverde in merito alle Vie della Seta? Il governo vuole forse riconsiderare la partecipazione italiana? Se la risposta è affermativa è necessario offrire anche al Sud del Paese una possibilità per una nuova strategia economica che passi dal Canale di Suez. In questo contesto, è opportuno che il governatore della Regione Siciliana Nello Musumeci riposizioni l’isola nell’ottica di un nuovo piano di sviluppo. Tradotto vuol dire, come sostengo da tempo, che la Sicilia potrebbe rappresentare la piattaforma logistica ideale del Mediterraneo. Porti come quelli di Catania, Augusta e Palermo sono largamente superiori, per transito di merci e profilo logistico, a quelli di Livorno e Trieste. La “disattenzione” del governo grillo-leghista sulle Vie della Seta desta preoccupazione in vista della prossima Legge di Stabilità. È lecito domandarsi quale spazio troverà il Sud nell’agenda politico-programmatica dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte. È auspicabile istituzionalizzare il brand “Made in Italy” per la valorizzazione delle nostre eccellenze regionali nel mondo. Ma, purtroppo, questa compagine governativa, come la precedente, accusa un’evidente mancanza di visione globale del sistema Paese.

Aggiornato il 20 settembre 2018 alle ore 00:57