Orlando, le carceri e l’ultimo Cdm

Mi sono battuto negli ultimi due Consigli dei ministri per l’approvazione definitiva della riforma dell’ordinamento penitenziario. Lo farò anche in occasione dell’ultimo Cdm, perché sono convinto che non soltanto è importante in sé, ma è importante come messaggio politico per la fase nuova che si apre.

Finché queste cose si scrivono sulla propria pagina Facebook va tutto bene. Ma come dimenticare le promesse a raffica fatte a ogni sciopero della fame prima di Marco Pannella e poi di Rita Bernardini? Tutte puntualmente smentite dalla realtà cinica della politica del Partito Democratico. In realtà, il ministro della Giustizia Andrea Orlando che carte ha da giocare in materia? Venerdì prossimo, 18 maggio, data dell’ultimo Consiglio dei ministri del Governo Gentiloni, Orlando sarà in grado di ottenere e non solo chiedere all’Esecutivo di esercitare il proprio diritto e potere di approvare il disegno di legge così come è? Con o senza l’ultimo parere stucchevolmente consultivo del Parlamento? Che, a dirla tutta e visibilmente, lo ha boicottato prima e dopo e che quindi ha già espresso il proprio parere.

Quello che in ogni caso non si doveva fare è stato il permettere a questo ostruzionismo-melina spazio temporale dei partiti di immobilizzare e condizionare il Parlamento. Cosa che ha portato alla conseguenza di una grande decisione che finisce a ridosso di una grande scadenza. Non è la leale cooperazione tra le istituzioni di cui parla la Costituzione. È, al contrario, la prassi barbara e prepotente, quando non addirittura violenta, del bullismo politico esercitato da certi leader e da certi partiti che banalmente definiamo “populisti”. E che forse invece dovremmo chiamare bugiardi, infingardi, incoerenti, disonesti intellettualmente e imbroglioni con i cittadini.

Andrea Orlando, visto che anche nel Pd non mancano esemplari del genere suddetto, magari travestiti da buonisti ipocriti, farebbe bene a compiere un vero e proprio “atto di forza” finale. Da Schwarzenegger politico. Così da compensare quelli di debolezza che hanno caratterizzato un po’ tutto il suo mandato ministeriale. Un ragazzo bravo, nobile d’animo e di buone intenzioni, che però mai una volta che provi a forzare un po’ la mano e a distinguersi per coraggio di intenti.

Ora però, caro Orlando, se fallirà anche l’ultima meta, “quella sporca ultima meta”, per infilare un riferimento cinematografico che nel Pd ci sta sempre bene, il rischio è quello di passare alla storia politica italiana come il Fantozzi del ministero della Giustizia. Il massimo responsabile cui l’hanno fatta tutti dietro le spalle. Vanificandone i progetti e sfilandogli sotto il naso i dossier più scottanti.

Ministro Orlando, per un giorno si dimentichi i sondaggi, che poi sono la forma di soggezione psicotica con cui la classe politica asseconda e imita il perbenismo delle famiglie. Quelle che vivono preoccupandosi solo del “che ne diranno i vicini” o del “cosa penserà la gente”. Orlando faccia sentire, per una volta, durante questa ultima seduta del Cdm della breve storia del Governo Gentiloni, quell’urlo liberatorio del mitico ragioniere interpretato da Paolo Villaggio. Con l’attore che corre velocissimo verso la foresta per sfogarsi. Questo urlo lei, Orlando, lo deve fare senza nascondersi nel bosco come Fantozzi. Ma davanti a tutti i suoi colleghi. Non lo deve fare perché glielo chiede un giornale, un lettore e nemmeno un giornalista. Potrebbe farlo, invece, per rendere onore alla sua parola. E a persone come quel Marco Pannella, o quella Rita Bernardini, sempre adulate a parole ma mai assecondate nelle azioni. Lo faccia anche per tutti quegli italiani che, nelle carceri o fuori da esse, sono morti da tanti, troppi anni a questa parte per le continue emergenze giustizialiste. E “per la mancanza conseguente dello Stato di diritto”, per citare Maurizio Turco del Partito Radicale.

Da ultimo – e non per ultimo – lo deve anche a quegli esperti altrimenti invano convocati per i famigerati “Stati generali della giustizia”. Non sia anche lei, come la maggior parte dei suoi predecessori, un uomo che non lascerà alcuna impronta nella politica italiana. Se non farà l’atto di coraggio di convincere il Consiglio dei ministri a votare la riforma dell’ordinamento penitenziario, il suo destino politico rimarrà inevitabilmente tale. Quanto al Pd, non si preoccupi: niente da perdere. E magari invece una bella figura di coerenza politica da guadagnare. Tanto, “peggio di così potrebbe solo piovere”. Per citare Woody Allen. E se ci ha fatto caso – ministro – ha già pure piovuto tanto. Per quasi tutto il mese di maggio. Almeno sinora.

 

Aggiornato il 14 maggio 2018 alle ore 13:24