Riforma del sistema penitenziario: l’importante apertura di Fico

Dopo la mobilitazione di Rita Bernardini e del Partito Radicale, dell’Unione Camere Penali e di altri settori dell’Avvocatura, di un vasto mondo di operatori del settore penitenziario e di molti esponenti di spicco della società civile, sembra proprio che si sia aperta una finestra sui decreti legislativi di riforma dell’ordinamento penitenziario solo pochi giorni fa sottratti all’esame della Commissione speciale da una conferenza dei capigruppo in cui avevano votato di fatto per lo stop ai decreti Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Movimento 5 Stelle.

Inaspettatamente è stato il presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico, a chiedere un’ulteriore riflessione sul decreto ai capigruppo della Camera durante una nuova riunione degli stessi capigruppo. Indubbiamente un notevole segnale di apertura nei confronti di una riforma così importante, scaturito, a detta dello stesso Fico, anche dalle notazioni che il Garante nazionale per i detenuti aveva espresso nei giorni scorsi commentando con delusione l’insensato e dannoso blocco dell’iter del decreto sulla riforma penitenziaria. La precedente capigruppo aveva scelto di evitare di far decorrere il limite dei dieci giorni dal momento della trasmissione del testo in commissione parlamentare oltre i quali il governo, senza un parere della stessa, è autorizzato ad adottare il decreto ricorrendo all’espediente di limitare le competenze della Commissione speciale.

Ora questo sasso nello stagno destinato forse, dopo la deludente prova offerta non soltanto dal M5S e dalle due forze politiche più giustizialiste della coalizione del centrodestra (c’era da attenderselo) ma anche da FI, persa improvvisamente per strada la sua vocazione garantista, a muovere le forze politiche a un ripensamento sulla necessità di non gettare al macero, sull’altare del rassicurante mantra leghista e di Fdi “buttar le chiavi” delle celle, gli anni di lavoro che il governo ha messo in campo per favorire un allineamento del nostro Paese alle prescrizioni venuteci dall’Europa in materia di riforma del sistema penitenziario.

Ora è possibile un rewind, utile a riflettere appunto, su alcuni punti da collegare tra loro con estrema facilità: a) il sistema penitenziario presenta una nuova e progressiva impennata di sovraffollamento, problemi igienici, di mancato rispetto delle condizioni umane e dignitose entro cui si deve scontare la pena b) impedire che i decreti attuativi, con la loro efficacia deflativa, vedano la luce non significa garantire la sicurezza ma incoraggiare irresponsabilmente una situazione carceraria letteralmente fuori controllo e illegale in aperta violazione con la Costituzione, la Cedu e la Dichiarazione dei diritti dell’Uomo d) che tali disinvolte infrazioni si tradurranno in nuove salatissime multe da parte dell’Europa che, dopo la sentenza Torreggiani del 2013 e la sanzione che l’Italia fu costretta a pagare, ci aveva chiesto di cambiare il nostro sistema penitenziario nella direzione del recupero e della rieducazione e nel rispetto della dignità dei detenuti, e di un ricorso alle pene alternative proprio al fine di correggere una realtà dell’esecuzione penale fuori del dettato costituzionale e delle prescrizioni della Cedu in termini di rieducazione di divieto di trattamenti inumani e degradanti. Davvero quella sentenza che ci ha condannato per trattamenti inumani e degradanti non ha insegnato nulla?

Certo, non v’è peggior orecchio di chi non vuol sentire e confidando che Forza Italia torni presto sulle sue posizioni di difesa delle garanzie, l’ostacolo della sovrana sordità di Fdi e Lega dovrebbe cedere alla necessità di far quadrare i conti evitando ulteriori inutili e dannose perdite economiche alle casse dello Stato. E chissà che non si comprenda che politiche ancor più restrittive e ostili alle misure alternative al carcere richiesteci dall’Europa, siano destinate ad attirarci una pioggia di altre multe milionarie che cadrebbero sui cittadini. Chi è sordo alle istanze rieducative che la Costituzione assegna alla pena, alla dignità e umanità che le impongono i trattati europei e alle ragioni di decenza, di civiltà giuridica e democratica e di umanità che le politiche penitenziarie dovrebbero avere, si sintonizzi almeno sull’urgenza di dar compimento ai correttivi su una situazione carceraria incivile per mere ragioni economiche.

Le sanzioni che graveranno sull’Italia a causa di un sovraffollamento che impedisce qualsiasi garanzia alla salute, un puntuale monitoraggio dei singoli detenuti e trattamento di risocializzazione, morti e suicidi in carcere, ormai una a settimana, rende irrealizzabile qualsiasi profilo di sicurezza negli istituti penitenziari. Si potrebbe suggerire alle forze politiche più avverse alla riforma del sistema penitenziario l’accoglimento di qualche dato ufficiale, ormai ripetuto all’infinito, ma di cui l’informazione mainstream dà scarse notizie a un pubblico le cui illusorie aspettative tanto incidono sull’azione politica: i reclusi sono saliti a marzo a 58.223 su 50.613 posti disponibili con 70 minori costretti a vivere in cella e che su 57.608 detenuti di dicembre scorso 19.853 sono in custodia cautelare in attesa di giudizio (magari per indagini mal condotte) o senza una condanna definitiva.

Appare evidente che il divieto della Cedu di far scontare la pena con trattamenti inumani e degradanti è ampiamente di nuovo violato. Dopodiché si prenda atto delle statistiche: assicurare ai detenuti un percorso di reinserimento e di rieducazione e risocializzazione anche familiare, con misure alternative per i reati fino ai 4 anni incide sull’abbattimento della recidiva e quindi sull’incremento della sicurezza: il 70 per cento dei reclusi in carcere torna a delinquere mentre solo il 10 per cento di coloro che hanno avuto accesso alle pene alternative. Tanto più che l’accesso alle misure alternative non è frutto di una valutazione personalizzata di ogni detenuto quindi incompatibile con presunti largheggiamenti nelle concessioni. Insomma, la sentenza Torreggiani ci prescriveva un cambio di rotta nelle politiche di esecuzione della pena, un maggiore ricorso alle pene alternative, più responsabilizzanti e in grado di avere un’azione deflativa. E la chiusura del monitoraggio è stato un atto di fiducia da parte europea proprio a fronte dello sforzo dell’Esecutivo per sanare una situazione del sistema penitenziario lesiva della dignità della persona e ricondurla della Costituzione. Uno sforzo compiuto attraverso interventi normativi frutto di un percorso di condivisione, coinvolgimento di esperti, accademici, avvocatura ed esponenti della società civile, confluito negli stati generali delle carceri per migliorare le condizioni della detenzione. Il risultato è stato una temporanea flessione delle presenze carcerarie, un aumento di oltre il 100 per cento degli ammessi alle misure alternative, e l’incremento dei posti disponibili, il miglioramento delle condizioni del sistema penitenziario.

Se la nuova, inaspettata richiesta del presidente della Camera Fico sia un riconoscimento effettivo dell’irresponsabilità e dell’autolesionismo politico con cui era arrivata l’improvvisa chiusura del Parlamento a quel percorso utile, umano ed economicamente vantaggioso, si vedrà. Ma è certo che la granitica e rassicurante politica carcerocentrica ancorata solo alle aspettative, di sicurezza, legittime ma prive di conoscenza, dell’opinione pubblica, si è sempre rivelata inefficace e le salate sanzioni dell’Europa sono nuovamente in agguato. E non sarà invocando restrizioni ulteriori e chiusura delle celle sovraffollate, cioè imboccando la scorciatoia di scambiare la causa con la soluzione, come fatto da Fdi, che si risolveranno gli episodi di violenza e la situazione di invivibilità nelle carceri. Un tagliando costituzionale del sistema dell’esecuzione penale andrà fatto. Seguitare ad ostacolarlo significa assumersi anche la responsabilità dei costi delle future sanzioni da parte dell’Europa che ricadranno sui cittadini. Quando ci occupiamo di carceri stiamo parlando anche di conti pubblici.

Aggiornato il 19 aprile 2018 alle ore 12:00