Caro Kurt Volker, che fai, ci cacci?

Amiamo gli Stati Uniti per ciò che sono e per quello che hanno rappresentato per l’Italia. Senza il sostegno di Washington all’indomani del Secondo conflitto mondiale il nostro Paese non avrebbe avuto alcuna speranza di rimettersi in piedi con tanta rapidità come invece ha fatto. Senza gli “States”, impegnati a fare da compratori di ultima istanza dei nostri prodotti, la bilancia commerciale avrebbe impiegato secoli per ritornare in equilibrio. Gli americani, militarmente, ci hanno protetti. Per decenni abbiamo avuto le truppe del Patto di Varsavia alle porte ma non ci siamo angosciati per questo: c’era lo zio Sam a vegliare sulla nostra sicurezza. E poi Hollywood, la musica, le Harley Davidson, gli hot dog, i jeans: l’America ce la siamo goduta in tutte le sue forme. Non dimentichiamo e per questo Dio benedica l’America. Gratitudine e lealtà: non ci piove. Tuttavia, gratitudine e lealtà non possono essere usate come corpi contundenti per lobotomizzare la nostra facoltà giudizio. Dire talvolta alla persona più cara che non si è d’accordo su ciò che sta facendo non significa tradirla o disonorarla. Al contrario, vuol dire volerle bene.

Mai alcun medico bugiardo ha fatto la fortuna del malato. Ora, pensiamo che sulla questione siriana e più in generale sui rapporti tra Occidente e Federazione russa l’amministrazione di Washington stia sbagliando. Portare il confronto sulla soglia del conflitto armato può essere un modo assai pericoloso di giocare le proprie carte: se va bene si vince poco, se va male si perde tutto. E questo una classe dirigente accorta e responsabile dovrebbe saperlo. Mostrare i muscoli digrignando i denti è roba da bulli di quartiere, non da statisti lungimiranti. C’è un problema Russia che assilla Washington e le cancellerie europee? La soluzione è integrare il mondo ritenuto ostile nel nostro, non spingerlo all’isolamento. Ci sarebbe da portare Mosca in Occidente e non ricacciarla nelle steppe siberiane. Lo pensiamo fermamente e non per questo ci sentiamo traditori dei patti transatlantici.

E, per dirla tutta, fa malissimo il signor Kurt Volker, inviato di Donald Trump in Ucraina, a minacciare l’Italia nel caso dovesse passare la linea salviniana dell’abolizione delle sanzioni alla Russia. Lui parla al quotidiano “La Stampa” che lo ha intervistato di “gravi conseguenze” per il nostro Paese qualora dovesse disertare il fronte anti-Putin. D’accordo l’amicizia con gli Usa, ma così non va. Con chi crede di parlare il signor Volker? Con il garzone di bottega? Se si ha a cuore un rapporto di amicizia, ogni divergenza di veduta che può sorgere la si appiana ragionando, non minacciando. Deve sapere il signor Volker che le sanzioni imposte alla Russia hanno fatto molto male al sistema produttivo italiano che ha subito un significativo calo nell’interscambio commerciale, passato dai 48,546 miliardi di dollari toccati nei primi 11 mesi del 2013 (prima delle sanzioni) ai 20 miliardi di euro nel 2017. Fosse servito a qualcosa il sacrificio fatto ce ne faremmo una ragione. Ma la tattica dello strangolamento dell’economia russa non ha prodotto niente sul terreno geopolitico: la Russia ha annesso la Crimea e non intende mollarla e l’Ucraina non è diventata un posto migliore di prima, quando era sotto l’influenza di Mosca. Al contrario la Federazione russa ha preso ad espandersi nell’area del Mediterraneo e del Vicino Oriente con una velocità e una determinazione ignote ai tempi dell’Unione Sovietica. Se questo è il risultato della forza dell’Occidente allora è meglio che i leader che ci hanno portato dove siamo meditino di cambiare mestiere perché è palmare che la politica intelligente non faccia per loro.

Oggi in Italia Matteo Salvini, al quale fa da controcanto il suo uomo più fidato, Lorenzo Fontana, promette, una volta approdato a Palazzo Chigi, di rimettere mano al dossier sui rapporti bilaterali con la Russia. Non fa bene, di più: fa benissimo. Meno male che c’è qualcuno in giro che mostri di avere le idee chiare su ciò che sia concretamente l’interesse nazionale. Il mainstream dei benpensanti dice che questo proposito gli precluderebbe la strada per Palazzo Chigi. Allora non si è capito niente di come sono andate le cose il 4 marzo? Non entra nella testa dei soliti noti del pensiero politicamente corretto che voltare pagina per gli italiani significhi andare in una direzione opposta a quella seguita finora dai governi “giusti” del centrosinistra. Verrebbe da chiedere ai soloni dei media: secondo voi, perché mai la maggioranza degli elettori ha voluto punire tanto duramente il Partito Democratico? Davvero pensate che tutto si spieghi con l’antipatia caratteriale di Matteo Renzi o la disinvoltura nella gestione del potere della sua pupilla Maria Elena Boschi? Non vi sorge neanche lontanamente il sospetto che gli italiani abbiano voluto dire basta a una politica soggetta oltre misura ai diktat e ai desiderata altrui?

Al produttore ferrarese della pera Abate Fetel non gliene fraga niente degli equilibri geopolitici. Lui sa soltanto che prima le sue pere andavano a ruba sul mercato russo mentre oggi rischiano di marcire nei magazzini tra l’invenduto. e non perché la sua pera non sia la più gustosa in circolazione ma perché c’è l’embargo. Quel produttore lì, se Salvini gli chiede un passaggio in auto per andare in Europa a dire che l’Italia non ci sta a farsi del male da sola, ce lo porta in spalla a Berlino, a Parigi, a Bruxelles o dovunque occorra andare per cambiare le cose. Se non si capisce questo, ciò che è accaduto lo scorso 4 marzo sarà soltanto l’inizio dello smottamento, la frana dell’intero establishment giungerà a stretto giro. E allora buonanotte al mainstream e a tutti i benpensanti.

Aggiornato il 18 aprile 2018 alle ore 12:08