M5S: quando il silenzio è d’oro

venerdì 13 aprile 2018


E vabbè che siamo nella Seconda Repubblica, quasi terza. E vabbè che chi ha vinto ha vinto e chi ha perso ha perso. E vabbè, pure, che in politica, ma non solo in quella, ci possono essere due e più vincitori. Ma, parliamoci chiaro, se tu poi va in tv e dilaghi sui media dicendo che siccome hai vinto devi fare il presidente del Consiglio, allora le cose cambiano.

Cambiano nel senso che esiste da temporibus illis il criterio – che è più di un criterio – che per governare in una democrazia parlamentare occorre avere, da subito o in alleanza, il 50 più 1 per cento. Altrimenti? Altrimenti ciccia! Invece è tutto un apparire belli e freschi in tivù, in giro per talk-show, per special, di giorno e di sera, vedi per l’appunto l’altra sera di Luigi Di Maio nel salotto di Bruno Vespa, a farsi belli (qualità che a Di Maio peraltro non manca, almeno questa, compresa la cravatta) dicendo o facendo capire, fra un sorriso aperto e una battuta buttata lì, che di Premier ce ne è uno e uno solo, cioè il sé medesimo Di Maio.

Come si dice a Milano, è il cinema dei Cinque Stelle. Intendiamoci, il successo pentastellato c’è ed è tondo tondo, e probabilmente inaspettato. Ma, come si dice in gergo, un conto è vincere e un conto avere la maggioranza. Ora, l’aspetto più curioso e un tantinello infantile del Di Maio-pensiero è di parlare di tutto, ma proprio di tutto, ma non di quella cosa che, per l’appunto, si chiama maggioranza e in mancanza della quale nessun Mattarella e nessun Parlamento normale approverà un governo.

Ma, si dice, i grillini sono diversi, hanno preso tanti voti, sono i più decisi nella critica al malcostume italico tant’è vero che poco ci manca nelle loro prese di posizione di riformare ex novo il codice penale ponendo come pene per la corruzione le stesse applicate per i delitti di mafia. Giusto? Sbagliato? Esagerato? Fate voi. Ma, come avrete capito, il problema non è questo o perlomeno non è solo questo.

Innanzitutto, se vogliamo ripeterci in nome dell’antico e sempre attuale repetita iuvant, nessuno e forse nemmeno il Vespa dell’altra sera che sembrava il deuteroprotagonista del film “Tv sorrisi e canzoni” per i risolini incessanti insieme a Di Maio, conosce con un minimo, non con un massimo come sarebbe necessario, di attenzione il programma di Grillo & Casaleggio, salvo il documentario inziale a base di insulti per tutti gli altri, col seguito del film ora all’inizio del quale dagli insulti siamo passati ai sorrisi, alle disponibilità a parole, agli accomodamenti (sulla poltrona) ma dei progetti, delle proposte europee e internazionali, dei programmi fattivi, manco l’ombra, il silenzio.

Sembra come se il cinema del M5S di oggi invece di rappresentarsi in una scena con tanto di parlato, si rifugi in quello che una volta, in attesa del sonoro, si chiamava cinema muto. Si capisce che hanno vinto la campagna elettorale, ma non basta. Ed è anche comprensibile che un Salvini si senta, sul piano delle possibilità di governo, più accreditato di loro presso il Quirinale. Eppure anche il buon Salvini, forse per stare dietro all’incommensurabile pensiero dimaiano, spesso lo senti pontificare ex cathedra come il vincitore di tutto, facendo arrabbiare il Cavaliere e forse qualcun altro. O, meglio, altra…

Ma almeno costoro parlano di programmi, di cose da fare subito e dopo, di soluzioni e non solo di problemi, non si tirano mai indietro anche rispetto alle difficoltà più gravi e urgenti. Non è così per i pentastellati, a parte le solite sparate demagogiche e un tanto al chilo, dimentichi che il 4 marzo è alle spalle. Sono affatto silenti proprio sul punto che più ci interessa.

Insomma, per dirla con il grandissimo regista francese René Clair, dalle loro parti va in scena “Il silenzio è d’oro!”.


di Paolo Pillitteri