Governo di minoranza a Cinque Stelle

venerdì 13 aprile 2018


Analizzando la complessa situazione politica che si è creata dopo il voto del 4 marzo, soprattutto dopo l’evidente impasse che sta caratterizzando la formazione di un Governo, mi sento di ribadire quanto scritto su queste pagine all’indomani delle stesse elezioni politiche.

In sostanza, anche oggi la prospettiva di un Esecutivo di minoranza a 5 Stelle, per quanto assurda possa apparire, mi sembra l’unica percorribile per riportare il sistema politico entro i binari di una relativa ragionevolezza, a meno di non voler compiere un vero e proprio salto nel vuoto con un repentino ritorno alle urne.

Dico questo perché né un Governo di centrodestra, privo dei numeri necessari, né una alleanza M5S/Lega, seppellita dalla ritrovata coesione dello stesso centrodestra, né una alternativa M5S/Pd e né qualsiasi altra formula che tenesse fuori dalla stanza dei bottoni i grillini, regalando loro un formidabile argomento per accrescere il loro già altissimo consenso, risultano praticabili. Neppure un Governo con la partecipazione dei pentastellati, ma guidato da una figura terza super partes, potrebbe essere accolto da Luigi Di Maio, la cui particolare condizione del momento, preso atto che nulla di quanto il suo partito ha promesso in campagna elettorale sarà mai realizzato, lo costringe a rivendicare presso il proprio elettorato di riferimento l’unico risultato raggiungibile: la carica di premier. Tant’è che proprio in nome di questo residuale obiettivo della sua rivoluzione delle chiacchiere, il capo politico dei grillini ha chiaramente fatto intendere che accetterebbe qualunque compromesso pur di accaparrarsi la poltrona di Palazzo Chigi.

Un Esecutivo di minoranza, al contrario, tenuto in vita da una ampia convergenza parlamentare basata sull’astensione e costruito su una intelligente mediazione del capo dello Stato, sbloccherebbe l’attuale stallo senza coinvolgere politicamente le forze che lo renderebbero possibile nelle scelte che il M5S sarebbe inevitabilmente chiamato a compiere nella complessa amministrazione della cosa pubblica.

Si tratterebbe, in estrema sintesi, di un doloroso ma necessario atto di responsabilità il quale, tutto considerato, consentirebbe al Paese reale di sperimentare in un tempo relativamente breve l’inconsistenza programmatica dei grillini, così da riportare entro i limiti della realtà un dibattito politico che da troppo tempo sembra entrato in una assurda dimensione onirica. D’altro canto, se l’unica medicina contro una politica scriteriata che basa il proprio consenso su insensate proposte miracolistiche è quella di farla assumere al popolo che la invoca, non possiamo che avvalorarne la ricetta.

Facciamo nascere un monocolore condotto da Di Maio e vediamo cosa concretamente esso è in grado di realizzare.


di Claudio Romiti