Il Movimento del vicolo cieco

“Tra un mese, se continua lo stallo, saremo sicuramente più disponibili a discutere con più attenzione sui programmi con il Movimento Cinque stelle. Ma questa cosa richiede un ripensamento sostanziale del loro approccio”.

Oltre a prevedere dei tempi molto dilatati per la soluzione della crisi, cosa ha voluto dire Graziano Delrio con questa frase sibillina?

Le ipotesi in campo sono due: la prima è che il centrodestra e il centrosinistra, essendosi stancati di farsi perculare da un moccioso come Luigi Di Maio, adesso se lo rimpallino giocando a fargli credere di accettare i suoi patti leonini onde poi mollarlo all’ultimo momento facendolo rivolgere al campo avverso in una sorta di logorante corsa a vuoto.

Pare di rivedere la gag del famoso film di Pier Francesco Pingitore “Il tifoso, l’arbitro e il calciatore” in cui Pippo Franco-Di Maio, per non scontentare suocero e padre (tifosissimi rispettivamente di Lazio e Roma), si precipita vorticosamente da una curva all’altra rigirandosi la giacca double face con da una parte i colori giallorossi e dall’altra quelli biancocelesti provando a presenziare in entrambe le curve.

La seconda alternativa invece porterebbe a una marcia indietro del Partito Democratico che – abbandonato l’Aventino – starebbe pensando a un accordo con i Cinque Stelle da concretizzarsi in tempi non brevi in modo tale da consentire ai Democrats di non perdere la faccia dopo aver spergiurato di non accettare caramelle dai grillini. Qualcuno nel Pd deve aver pensato che dilatare i tempi di un accordo potrebbe anche portare i Pentastar ad abbandonare per sfinimento la tracotanza con la quale ad oggi affrontano le trattative (noi ci prendiamo tutto e voi ci date solo i voti in aula) addivenendo a più miti consigli sotto la pressione del tempo che passa e della paura di restare fuori dai giochi.

La qual cosa sarebbe perfettamente legittima dato che la politica è l’arte del compromesso e nessuno può affermare il contrario tranne i grillini che hanno fatto dell’onestà intransigente e della coerente trasparenza il loro elemento distintivo rispetto alla Casta possibilista su tutto e inciuciona. Sarebbe veramente gustoso ascoltarli mentre fanno stridere gli specchi nel giustificare una eventuale alleanza con i Democratici dopo averli definiti “partito di miserabili che vogliono soltanto la poltrona”, “simbolo del voto di scambio e del malaffare”, “criminali politici” che “favoriscono i mafiosi”, “partito dei privilegi, della corruzione e delle ruberie” e altre carinerie simili.

Se adesso pronunciano con imbarazzo frasi del tipo “il nostro primo interlocutore è il Pd, con l’attuale segretario e con le persone che in questi anni hanno lavorato bene” tra i mugugni della base, con che faccia faranno quella che loro definiscono un’ammucchiata con la vecchia nomenklatura finalizzando un’alleanza strutturale di tipo politico?

Non li capirebbe nessuno tranne Adriano Celentano – giustamente autodefinitosi il re degli ignoranti in tempi non sospetti – che ha recentemente scritto una lettera aperta a Matteo Renzi (ma il molleggiato è un mitomane che pensa di dire cose intelligenti) per spingerlo a consegnarsi ai Cinque Stelle decretando la fine della sinistra italiana. Il vicolo è cieco ma sono solo in tre a non accorgersene: Di Maio, Celentano e Orietta Berti.

Aggiornato il 12 aprile 2018 alle ore 12:42