La sinistra a Bardonecchia? Je suis souverain

Dopo l’incidente diplomatico di Bardonecchia anche la sinistra si scopre sovranista. A scoppio ritardato. Che scena! l’Italia multiculturalista ha reagito come un sol uomo all’incursione armata, il Venerdì santo, di una pattuglia di doganieri francesi nei locali della stazione ferroviaria del piccolo comune piemontese dell’Alta Val di Susa, oggi adibiti a centro di accoglienza per migranti. Gli agenti della “Gendarmerie” inseguivano un extracomunitario clandestino sospettato di traffico di stupefacenti. Lo hanno intercettato oltre confine e lo hanno perquisito. Probabilmente con modi spicci. A quel punto l’Italia s’è desta come se Carlo VIII stesse tornando. Tutti mobilitati contro lo “schiaffo di Bardonecchia”, Procure, Farnesina e Viminale compresi. Non c’è che fare: riusciamo a renderci ridicoli anche quando potremmo farne a meno. Ma come? Si contesta la violazione di sovranità dimenticando che è in vigore tra l’Italia e la Francia un accordo di cooperazione transfrontaliera che consente quel particolare tipo di sconfinamento da parte delle polizie di frontiera di entrambi i Paesi.

Si dirà: e i sacri patri confini? Dopo che per anni l’ideologia velenosa della “società aperta e multiculturale” ha spiegato che le frontiere erano anticaglie del passato, roba da nostalgici del nazionalismo Otto-Novecentesco; dopo che il confine meridionale si è trasformato in un colabrodo sistematicamente penetrato da tutti: immigrati illegali, criminali scafisti, soccorritori professionisti delle Ong, navi militari degli Stati europei che hanno dato una mano a scaricare sulle coste italiane masse di disperati provenienti dai luoghi più sperduti del globo; dopo che l’establishment di Bruxelles e le cancellerie dei Paesi forti dell’Ue hanno fatto strame dell’autonomia del governo di Roma dettandogli la politica estera che avrebbe dovuto seguire come se fosse una satrapia sottoposta a sovranità limitata; dopo che Palazzo Chigi, nel 2012, ha consentito finanche ai militari indiani, dei quali avevamo perso contezza dai tempi di Emilio Salgari e del suo “Sandokan”, di salire a bordo di una nave battente bandiera italiana, quindi fisicamente suolo patrio, e sequestrare i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone; dopo che con il grimaldello dello spread i titoli del debito sovrano italiano sono stati stuprati finanziariamente dalla speculazione di mezzo mondo; dopo che il sistema economico nazionale si è fatto portare via senza battere ciglio i suoi migliori gioielli industriali; dopo tutto questo adesso la sinistra si accorge che c’è un problema di sovranità violata? E invece di riflettere sulle proprie distorsioni ideologiche che si sono riverberate sulla condizione di un Paese libero e sul suo diritto sovrano ad una sana politica di difesa dell’interesse nazionale in un contesto geopolitico globalizzato, cosa fa? Starnazza sulla presunta invasione di campo dei galletti d’Oltralpe, come se la nuova linea del Piave oggi dovesse passare dalla stazioncina di Bardonecchia.

E poi ci meravigliamo se, nel resto di mondo, ci spernacchiano. La verità più urticante per le anime belle della sinistra è che i governi degli altri Paesi, a prescindere dal colore politico, riconoscono la loro più alta legittimazione nel rispetto delle regole. Non giocano a fare i furbi, a chiudere un occhio sull’immigrazione clandestina come, al contrario, hanno fatto i governi della sinistra in Italia. Se un individuo tenta di entrare illegalmente le forze dell’ordine di quel Paese, si chiami Francia, Svizzera, Austria, Spagna, o Ungheria, lo respingono. Punto. Non giocano a fare i buonisti. È vero, talvolta la cronaca restituisce storie strazianti di un’umanità disperata che lotta per sopravvivere. Ma questo non basta a giustificare la violazione delle leggi. Anche i terzomondisti nostrani dovrebbero comprenderlo e piantarla a fingersi strabici. Se un cittadino italiano viene beccato con una pistola in pugno a rapinare un supermercato, la giustificazione di averlo fatto per sfamare i propri figli non gli vale il rilascio con tanto di stretta mano: se ne va in galera a scontare la condanna. Perché non dovrebbe funzionare anche per gli immigrati illegali? Forse che le loro storie siano più commoventi di quelle raccontate dai nostri ladri per necessità? “Dura lex, sed lex” ammoniva Socrate. Possibile che tutti in Europa lo abbiano compreso, tranne che i nostri buonisti? Non c’è d’altra parte del confine un Emmanuel Macron buono o cattivo. C’è semplicemente un capo di Stato che si preoccupa di curare l’interesse nazionale. Che lo faccia mettendo il veto sulla vendita di un’azienda strategica per il proprio sistema industriale o mandando i doganieri all’inseguimento, oltre confine, di un presunto spacciatore poco importa: è il principio che conta.

Perciò, il problema non è dei francesi, è nostro. O almeno lo è di quella parte della classe dirigente italica che ha perso il rispetto di se stessa mostrandosi pronta a svendere la nazione, per meschini interessi di bottega ideologica, al migliore offerente. L’unica cosa dignitosa che toccherebbe di fare, dopo l’incursione di Bardonecchia, è di recuperare un po’ di senso dello Stato senza farsi ridere dietro dal resto del mondo. La sinistra di governo ha dimostrato di essere geneticamente inibita a ritrovarsi in un compiuto spirito identitario di comunità nazionale. Il suo Dna glielo impedisce. Alle viste potrebbe esserci un governo diverso, con una robusta presenza di destra. Saprà scrivere una nuova e migliore pagina della storia italiana? I propositi elettorali dicono di sì, che un riscatto è possibile. Lo scopriremo presto. E Bardonecchia torni ad essere semplicemente quell’incantevole località sciistica delle Alpi Cozie per la quale è famosa nel mondo dello sport.

Aggiornato il 03 aprile 2018 alle ore 15:33