Capri espiatori cercasi disperatamente

Nonostante il trionfalismo di facciata e il perentorio impegno ad accaparrarsi ad ogni costo la poltrona di premier, Luigi Di Maio dentro di sé potrebbe sentirsi come il protagonista de “Il candidato”, splendido film del 1972 interpretato da un ottimo Robert Redford. Trattasi di una satira politica molto attuale in cui, dopo una cruenta battaglia elettorale per un seggio al Senato americano, il giovane vincitore si ritrova insieme al suo spin doctor nel chiuso di una stanza, riuscendo a malapena a dire: “E ora cosa facciamo?”.

Se così fosse il buon “Giggino ’o webmaster” ne avrebbe ben donde, vista l’impressionante sequela di balle spaziali su cui il suo partito ha conquistato quasi il 33 per cento dei consensi. Al suo posto sarei letteralmente terrorizzato dalla prospettiva di iniziare a realizzare quelle cose (così come dallo stesso dichiarato nell’immediatezza della vittoria elettorale) promesse dal Movimento 5 Stelle e che, bontà sua, gli italiani aspetterebbero con ansia da almeno trent’anni.

Nei suoi panni di unto del popolo, predestinato a gettare nello sciacquone dell’assistenzialismo enormi risorse, ma anche ad abbattere la pressione fiscale e ridurre il debito pubblico, mi orienterei con molta discrezione a ricercare uno degli articoli che nella politica italiota non sembra passare mai di moda: il capro espiatorio. Un capro espiatorio sul quale scaricare, a mo’ di comodo parafulmine, gran parte dell’inevitabile fallimento che il demenziale programma pentastellato reca stampato sulla copertina del suo inverosimile libro dei sogni.

In tal modo, seppur dovendo comunque pagare un prezzo politico decisamente alto, Di Maio e soci potrebbero ripresentarsi al prossimo giro di valzer elettorale, accusando qualcun altro di aver boicottato il loro mirabolante progetto di far volare tutti gli asini d’Italia. E per riuscire a intortare il maggior numero di ingenui e sprovveduti elettori, diluendo nel contempo le proprie responsabilità politiche, la formula ideale sembrerebbe quella di un’alleanza di governo che sia guidata da una testa di legno terza, come ad esempio una celebrata autorità super partes.

Non sarà, malgrado tutto, un’impresa facile, soprattutto dopo aver creato inverosimili aspettative in ogni angolo della Penisola. Tuttavia, analizzando la condizione del Paese dal lato dei numeri, che nonostante le rivoluzioni grillesche continuano ad avere una testaccia maledettamente dura, nell’orizzonte del capo politico Di Maio non si vedono molte altre alternative spendibili al di là di un italianissimo scaricabarile a cui disperatamente aggrapparsi una volta che il popolo avrà potuto sperimentare la “bontà” dei suoi programmi.

In questo senso i pentastellati, continuando ad abbaiare alla luna “onestà, onestà”, potrebbero aggiungere al proprio ricco campionario di favole quella dell’alleato infedele che ha impedito loro di rendere tutti, ma proprio tutti, felici e contenti.

Aggiornato il 30 marzo 2018 alle ore 12:10