Forza Italia: riaffermare una forte identità

martedì 27 marzo 2018


C’è, fra le novità di queste elezioni e direttamente proporzionale a queste, la velocità impressa al dopo 4 marzo con una soluzione sostanzialmente coerente col risultato finale (per ora) dei due presidenti di Camera e Senato. La velocità sarà anche la caratteristica di altre tappe e di altre battaglie, anche se la prudenza inviterebbe ad attendere il rientro, e non soltanto formale, del Partito Democratico ancora in un auto-isolamento post-traumatico. C’è da scommettere che non durerà molto. Vedremo.

I due alfieri che hanno preso esempio dal piè veloce Achille passando dalla leggenda omerica alla concretezza di Montecitorio e di Palazzo Madama, sia Luigi Di Maio che Matteo Salvini, si sono giovati innanzitutto del risultato con il leader leghista apparentemente con una marcia in più, e non per il suo 17-18 per cento ma per l’alleanza ab origine con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni che, appunto, gli ha soffiato più vento nelle vele, anche se, a un più attento esame (che il Presidente Sergio Mattarella di certo ha fatto, eccome) la maggioranza del solo centrodestra non lo è numericamente – che è quello che conta – e lo è o sarebbe ora quella nuova con Di Maio e compagnia bella di Beppe Grillo che, a quanto pare, sembra ora tutta rosa e fiori, con inni alla pace, alla tranquillità e alla stabilità per dir così governative. Per ora, si capisce.

Fare previsioni sul governo che verrà è assai difficile non tanto o soltanto per il movimentismo grillino, e un po’ meno, ma solo un po’ per quello leghista, ma per quello che i due “partiti” hanno sancito prima e durante la campagna elettorale, sbandierandolo come programma in caso di governo, sia pure con ipotesi rivoluzionarie, silenzi tattici, passi doppi, promesse varie e variegate sullo sfondo, peraltro non nascosto e neppure segreto, di non poche e significative convergenze fra Lega e Movimento 5 Stelle. Su cui vale la pena compiere qualche riflessione.

“Condividono una posizione no vax – nota M. Feltri su La Stampa – che è sempre meno contro i vaccini e sempre più contro l’imposizione saccente ed elitaria, dicono, che è una manifestazione del fastidio della crème per il popolo. Si associano in una declinazione dell’etica da mattinale di caserma: gli indagati sono cattivi, i non indagati sono buoni (salvo quando riguarda qualcuno di loro, caso in cui apprezzano le sfumature). Oltre non c’è più margine”.

In effetti, sia Di Maio che Salvini hanno per dir così una certa quale affinità ideologica che contraddistingue un comune fervore giustizialista e una qualche indifferenza per un certissimo principio della nostra Carta costituzionale a proposito della Stato di diritto, basti quello riguardante, in primis, i politici, i membri del Parlamento, a proposito di quella presunzione d’innocenza che non dovrebbero più godere. Figuriamoci poi i vitalizi, con quel no assurto a bandiera anticorruzione manco si trattasse di una rapina a mano armata coram populo. Per non dire della volontà di reintrodurre il vincolo di mandato, e cioè chi cambia partito si deve dimettere, e sentiamo spirare un inconfondibile vento di Restaurazione pensando al comune sentimento contro l’Europa e contro l’Euro accarezzante il sogno di piccole patrie. A cominciare dalla nostra.

Da questo e altro deriva per Forza Italia – lo ricordava il direttore – la necessità sempre più urgente di rafforzare le istanze del mondo popolare, laico, liberale e riformista, di cui, peraltro, il movimento creato dal Cavaliere è stato il rappresentante, il difensore e il propugnatore. In un quadro nel quale deve avviarsi una sorta di rifondazione di una Forza Italia (e il pessimo risultato elettorale ne è testimonianza) che non sia soltanto la proiezione di un leader caricato di tutto il peso della battaglie politiche. La domanda che sorge, a volte, è se un gruppo dirigente degno di questo nome, ci sia o non ci sia. C’è o non c’è? Se c’è batta un colpo, non rinviabile di molto pensando alla velocità degli altri. Riaffermando in primis una forte identità anche e soprattutto rispetto alla nuova alleanza fra Di Maio e Salvini. Un duo che va di fretta.


di Paolo Pillitteri