Nella direzione della democrazia

Come un disco rotto, da anni ripeto la litania sullo stato della democrazia in Italia, segnalando i rischi da disinteressata acquiescenza, quelli da plebiscitarismo virtuale e, da ultimo, anche quelli da ignoranza. Ho pescato a piene mani tra i maestri del pensiero liberale, evitando di impartire lezioni – essendone indegno – e sollecitando l’uso della ragione. Chiedo che si ragioni, non che mi si dia ragione.

Ora, in due giorni ho incassato due colpi allo stomaco, uno peggiore dell’altro. Il primo è la negazione della democrazia rappresentativa, rimpiazzata di fatto – ma non di diritto – da un consenso non misurabile raccolto con modalità e strumenti gestiti non so come e non so da chi. Il secondo, invece, sono le scritte che imbrattano il monumento a persone cadute per mano ignobile nel compimento del dovere.

Non credo si tratti di sciocchi buontemponi, i quali, rinunciando a una serata in birreria, hanno deciso di offendere simbolicamente tutti noi. Sono, piuttosto, persone che, avendo colto la crisi in cui si dibatte la Nazione – intrisa di odio, senso di rivalsa, ma incapace di formulare progetti – hanno dissotterrato l’ascia di guerra per fare politica con altri strumenti, ai quali non siamo preparati.

Aldo Moro fu ucciso perché aveva immaginato la democrazia dell’alternanza in un sistema di valori condivisi; Marco Biagi (come altri giuslavoristi) è caduto per aver osato mettere mano alle regole del mondo del lavoro, da sempre nervo scoperto delle tensioni sociali. Il diritto del lavoro è come i fili dell’alta tensione: chi li tocca, muore.

Non penso che il riemergere di quella sigla implichi la resurrezione di quei soggetti. Devo dire, però, che, negli ultimi tempi, i ruderi di quella esperienza hanno rialzato la testa, andando ben oltre la revisione critica della notte della Repubblica. Temo, piuttosto, i nuovi, di cui non so nulla.

Non è causale e non finisce qui. Purtroppo, la maggior parte di noi, attenta a indignarsi per lo stipendio d’oro dell’inesistente fratello della Boldrini o per lo scarcerato del giorno, non è pronta ad affrontare questo rischio, che sarà sottovalutato, relegato tra le bravate, insieme ai segnali inquietanti affiorati nelle recenti interviste. Non si tratta di stracciarsi le vesti per qualche scritta, ma di capire la direzione del vento. E di arginarlo con la forza della democrazia.

Aggiornato il 23 marzo 2018 alle ore 10:19