Elezioni, gli imbrogli sulle larghe intese

Nel Partito Democratico e partiti alleati e tra i media filo-renziani cresce l’allarme per gli ultimi sondaggi ufficiali, ma in particolare per quelli clandestini di cui si popola il web e che girano nelle segreterie politiche dal momento del divieto di pubblicazioni di quelli pubblici. A dimostrarlo è la poco decifrabile ma truffaldina cifra delle ultime due decisive settimane di campagna elettorale che forse sfugge e intorbidisce le acque per la maggioranza dell’elettorato, già esausto per la scarsa chiarezza del nuovo sistema elettorale e degli esiti di governabilità che ne deriveranno. La cifra dell’inganno è protagonista di questa partita elettorale. Sia per strappare una manciata di voti sia per arrivare all’obiettivo di un governo di grande coalizione, gli approfondimenti dei programmi sembrano sfumare non soltanto a causa della tradizionale delegittimazione degli avversari, e passi, ma anche per la tendenza a servirsi delle facili strumentalizzazioni.

L’artificio più gettonato, non solo tra i grillini e stampa amica ma anche nei media inclini all’abbraccio al Pd e ai suoi alleati, è quello di presentare lo scenario delle larghe intese come ormai certo per il dopo urne. Una previsione che è noto assumere tinte spettrali per quell’elettorato moderato di centrodestra che per lo più guarda a FI e vede come fumo negli occhi la possibilità che il Pd di Renzi torni protagonista nel futuro esecutivo. Guarda caso la possibilità di larghe intese viene proposta con insistenza  come ipotesi più che percorribile proprio da gran parte della stampa più Pd friendly sia dalle leader delle forze politiche aderenti alla coalizione di centrosinistra come Emma Bonino (+Europa) e Beatrice Lorenzin (Civica Popolare) che pochi giorni fa, nel contestuale tentativo di scippare sia a FI che al Pd stesso quei voti utili a superare la soglia del 3 per cento e ad accreditarsi come garanti “nobili” (l’inciucio è roba di altri) del futuro accordo per un governo allargato, hanno aperto a una grande coalizione proprio con Forza Italia, possibilmente sotto la guida di un Gentiloni bis, dichiarando che “non sarebbe per nulla uno scandalo”.

Nell’arco di poche ore l’Huffington Post si è lanciato nel quantomeno incauto tentativo di trasformare in un atto di vaticinio politico, in conciliante premessa di una imminente grande coalizione addirittura guidata dalla Boschi, la battuta scherzosa pronunciata ad un convegno alla Luiss dall’ex sottosegretario di Berlusconi, Gianni Letta: “Attenta Maria Elena, si inizia a fare il sottosegretario e si finisce a fare il premier”.

Ma siamo proprio sicuri che il senso della battuta di un gentiluomo non privo di spirito quale è Gianni Letta fosse esattamente quello di un benevolo pronostico di una grande coalizione capitanata dalla Boschi? Lasciando i vaticini, resta il dubbio che tutto questo gran parlare di colloquialità trasversale e larghe intese abbia l’unico obiettivo di scoraggiare il bacino di elettori tuttora indecisi del centrodestra moderato, insofferenti alla prospettiva di ritrovarsi Renzi nella futura compagine di governo, dal votare FI, unico partito di centrodestra che in una grande coalizione potrebbe esser protagonista. E che l’insistenza crescente con cui si stanno prefigurando scenari di colloquialità trasversale e prossime larghe intese sia inversamente proporzionale al reale stato di salute del centrodestra. La strategia, prospettare la grossa coalizione come spauracchio che dreni i voti da Forza Italia per poterlo poi effettivamente realizzare e impedire  alla coalizione di centrodestra di raggiungere la maggioranza assoluta.

Aggiornato il 22 febbraio 2018 alle ore 08:10