Ripartire dalla Politica

Pochi, pochissimi in Italia, parlo dei politici innanzitutto - e di chi se no? - hanno avuto modo l’occasione e pure il buon senso di ascoltare le parole di un sindaco libico (Hamid Rafì Al-Khayali, primo cittadino di Sebha) sull’immigrazione. Il supertema collegato alla sicurezza di cui sono piene le cronache, con proposte della politica che vanno dalla versione insopportabilmente buonista della cosiddetta necessità e innocenza del fenomeno a quella dello stop tout court, anche con le armi in pugno, con obbligati rientri di massa nei Paesi d’origine, metti il Niger, ma passando per la Libia. Ma di questo ce ne occuperemo fra poco.

Occupiamoci, per ragioni ovvie, del dibattito elettorale e definiamo “dibattito” ciò che invece (e purtroppo) è peggio di un dialogo fra sordi, è un monologo troppo spesso surreale.

Il tema, come ormai è risaputo a destra e a manca, e dunque su giornali, televisioni, talk-show, specials e tribune varie, riguarda la maggioranza o, per meglio dire, la cosiddetta grande maggioranza, ampiamente esorcizzata da destra (Matteo Salvini in primis) e da sinistra, che sembrerebbe la risposta inevitabile alla mancanza di maggioranze autosufficienti in seguito alle elezioni del 4 marzo. Sono cose che capitano, intendiamoci. Aggiungendo, comunque, che il problema è bensì numerico ma è soprattutto politico. Appunto, la politica, i partiti e/o movimenti che dir si voglia. Se leggiamo con un minimo di attenzione la nuova legge elettorale - che è passata dall’uninominale a una sorta di proporzionale di cui, francamente, non se ne sentiva il bisogno a meno che si trattasse di un proporzionale vero e proprio come quello della Prima Repubblica - dobbiamo prendere coscienza che questo sistema porta con sé delle novità, la più interessante e non poco preoccuppante riguarda, per l’appunto, la conquista di una maggioranza autonoma di coalizione rispetto all’altra, del centrodestra rispetto al centrosinitra, sullo sfondo di un grillismo cui, come si dice qui da noi, non affideremmo da gestire neanche il nostro pollaio, e di partitini gauchisti, del cui avvento non si avvertiva alcuna urgenza. Ma tant’è.

Sic stantibus rebus è pressoché inevitabile che si possa, da qualche parte, avanzare l’ipotesi di una grande maggioranza, magari per le urgenze economiche in un’Europa a sua volta preoccupata, magari con un Gentiloni o l’altro, magari per un breve periodo di tempo, insomma un governo con dentro tutti, a termine. Ma siccome siamo in piena campagna elettorale dalla politica proviene l’invito a volare alto, ed ecco levarsi le più vibrate proteste, i no più scanditi, l’opposizione più ferma a una soluzione del genere, e se ne capiscono (per ovvi motivi) le ragioni politiche. Peccato che ci si dimentichi, in questi giuramenti di no contro, di un dettaglio a sua volta politico, ovverosia della legge elettorale di oggi che è stata voluta e votata dal Parlamento senza costrizione alcuna. Ma l’aspetto ancora più singolare è che alle vibrazioni assolutamente contrarie alla Gm (Grande Maggioranza), si accompagni la proposta, scandita anche l’altro ieri dall’infaticabile Salvini, di un ricorso immediato alle urne, a nuove elezioni, la cui decisione, peraltro, è o per meglio dire sarebbe compito dei nuovissimi parlamentari. In nome del volare alto, si capisce.

Ma, diciamocelo almeno inter nos, ve li immaginate i quasi mille membri del Parlamento, appena eletti, e legittimamente aspiranti se non al vitalizio, almeno a fare qualche legge o leggina di quelle promesse, convinti in men che non si dica, all’autoscioglimento, ad andarsene da Montecitorio e Palazzo Madama per una nuova campagna elettorale che assicuri, se Dio vuole, una maggioranza in grado di governare? Ma in che film? Forse di Totò, hai visto mai…

Chiudiamo sulla dichiarazione del sindaco libico di Sebha che ha chiesto aiuto all’Italia, al suo governo e alla nostra politica, per una Libia in gravi difficoltà, ricorrendo anche alla chiusura dei loro confini perché in tal modo aiuterebbero anche noi alle prese con un’immigrazione in crescita, e assicurando che “noi non vogliamo soldi, chiediamo formazione tecnologie, equipaggiamenti, il problema è che tanti Paesi africani e arabi, anche confinanti, non vogliono la pace in Libia preferendo questa situazione di confusione. Aiutateci a chiudere i nostri confini in Libia per aiutare anche l’Italia”.

Uno speech appassionato che riporta i problemi alla loro vera, storica, urgente gravità. E che rischia di cadere a vuoto. Perchè, dicono, la politica deve volare alto. Fra le nuvole.

Aggiornato il 13 febbraio 2018 alle ore 12:42