La bizzarra storia della nuova sede dell’Ema

D’accordo! La campagna elettorale è importante perché è in gioco il futuro del Paese. Ma attenti, si corre il rischio di perdersi dietro le camarille della bottega elettorale. Ci si balocca, con morboso affanno, nel voler conoscere la sorte dell’uno o dell’altro dei pretendenti al seggio, sottilmente godendo della melodrammatica roulette russa tra il chi è a bordo e il chi è stato silurato, nel mentre la quotidianità prorompe con l’impeto del cataclisma. La notizia: si è riaperta la questione della futura dislocazione dell’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) in seguito all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione. La vicenda è nota. Si rubrica sotto la voce “sconfitte subite dall’Italia con i governi a guida Partito Democratico”. La Regione Lombardia e il Comune di Milano avevano preparato per tempo la candidatura della città meneghina ad ospitare l’importante organizzazione dell’Ue. Sede prescelta era il grattacielo del “Pirellone”, in passato sede di Regione Lombardia. Tutto lasciava prevedere che per l’Italia sarebbe stata una passeggiata vincere la concorrenza di altre città europee. Milano rispondeva totalmente al profilo funzionale e logistico richiesto dalle autorità comunitarie per concedere la nuova allocazione di una branca fondamentale dell’attività dell’Unione.

Invece, inspiegabilmente, il Governo italiano, che avrebbe dovuto sostenere la candidatura della metropoli lombarda, non ha fatto quanto in suo potere per portare a casa il risultato cosicché si è giunti, in un finale di partita che definire paradossale è generoso, a perdere al sorteggio contro la rivale Amsterdam. Infatti, in assenza di un’incisiva azione di lobbying dei nostri governanti sui rappresentanti dei Paesi partner, l’Olanda ha colmato il distacco nel gradimento riuscendo a inchiodare l’esito delle votazioni a un pareggio che per risolversi ha richiesto l’intervento della dea bendata. Quindi, partita conclusa con una cocente sconfitta e una colossale figura di palta per le inconsistenti istituzioni governative le quali, nel momento topico, hanno fornito prova certa a quanti sostengono che l’Italia a guida di sinistra conta in Europa come il due di coppe quando la briscola è a bastoni. Fregatura rimediata e pietra tombale sul caso.

Ma oggi accade l’impensabile. Il direttore esecutivo dell'Ema, Guido Rasi, lancia un allarme sui ritardi nell’allestimento della nuova sede pronta non prima della fine del 2019 e sull’inidoneità di quella messa a disposizione in via transitoria dalle autorità olandesi. Da quanto afferma il responsabile tecnico, ad Amsterdam attualmente non vi sarebbe neanche lo spazio sufficiente per riallocare tutti gli uffici attualmente operativi nella sede di Londra. Capite l’assurdità della situazione? Il Governo Gentiloni è riuscito nell’impresa di farsi battere dall’omologo olandese che ha barato assicurando l’ospitalità all’Ema in una sede al momento inesistente. Perché le autorità italiane non hanno scoperto l’imbroglio quando la partita era ancora aperta? Cosa si può immaginare di peggiore e di più umiliante per un capo di governo che farsi fregare in questo modo?

Bisogna proprio essere ciechi o mentalmente disturbati per asserire che l’esperienza di Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi sia stata un esempio di buona politica. Tuttavia, la sinistra non conoscerà il mestiere di guidare degnamente il Paese ma è fortunata. Caso ha voluto che la denuncia del direttore tecnico dell’Ema giungesse due giorni prima che spirassero i termini per la presentazione, da parte italiana, del ricorso contro la decisione che assegnava per sorteggio la sede ad Amsterdam. Scoperchiata la pentola, il nostro Governo ha la possibilità di rimettere in pista la candidatura di Milano. Roberto Maroni, governatore di Regione Lombardia e Beppe Sala, sindaco di Milano, hanno pregato a mani giunte Paolo Gentiloni di non lasciarsi scappare l’occasione di sostenere il ricorso, inoltrato ieri, con maggiore forza di quanto ne sia stata impressa in precedenza. La partita, però, non dovrebbe risolversi all’interno dei soli palazzi istituzionali.

Questo episodio interroga tutta la politica sulla capacità di fare squadra nei momenti nei quali sono in gioco gli interessi nazionali. Allora avanziamo un suggerimento: si lasci da parte per qualche momento lo scontro elettorale e tutte le forze in campo s’impegnino in uno sforzo unitario per sostenere una buona causa che non è meneghina o lombarda ma italiana. Tutti i candidati fanno un gran parlare di quanto amino l’Italia e di come vorrebbero prodigarsi, se scelti dal popolo, a fare al meglio gli interessi della nazione. Oggi hanno l’occasione di dimostrare con i fatti che le loro non sono chiacchiere al vento. Vogliono il nostro bene? Allora sfruttino l’opportunità concessa dal caso e con una sola voce si facciano sentire a Bruxelles. Provino a vincere tutti insieme, che una volta tanto non guasterebbe.

Aggiornato il 31 gennaio 2018 alle ore 08:04